I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Torino hanno confermato la condanna all’ergastolo per Mohssine Azhar, il 36enne di origini marocchine accusato di aver provocato la morte della piccola Fatima, la bambina di 3 anni precipitata da un balcone al quarto piano di una palazzina del centro storico del capoluogo piemontese all’inizio del 2023.
Confermato l’ergastolo per Mohssine Azhar: uccise la piccola Fatima a Torino
“Finché vivrò combatterò per lei. Mi manca”, le parole pronunciate dalla madre della piccola Fatima dopo la lettura della sentenza con cui i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Torino hanno confermato la condanna all’ergastolo per l’ex compagno Mohssine Azhar, finito a processo con l’accusa di omicidio volontario aggravato per aver provocato la morte della bambina lanciandola da un balcone.
“Confidavamo in questo risultato, l’impianto accusatorio era intangibile“, ha aggiunto il suo avvocato difensore, Silvia Lorenzino, ricordando che “quello dell’imputato fu un gesto di stizza, una punizione suprema” per la sua assistita, che “in quel momento non voleva che la bimba stesse con lui visto il suo stato di alterazione”.
I fatti risalgono all’inizio del 2023. Il 36enne di origini marocchine era stato da poco condannato a 8 mesi per una vicenda di droga. La bimba era con lui mentre la madre Lucia Chianelli se ne stava al piano di sotto, dove viveva: gli aveva chiesto di riportarla da lei perché aveva fatto uso di alcol e sostanze stupefacenti e non voleva che lo vedesse in quello stato; lui, per “vendetta”, aveva preso in braccio la piccola e l’aveva lanciata dal balcone.
Quando gli inquirenti l’avevano interrogato (la bimba a quel punto era già morta in ospedale), aveva sostenuto che si fosse trattato di un incidente, che la treenne gli fosse improvvisamente sfuggita dalle mani mentre giocavano a “vola vola” e si divertivano; dagli accertamenti era però emerso che, essendo stata ritrovata a una certa distanza dalle ringhiere del ballatoio, non poteva essere semplicemente “caduta”. A testimoniarlo, anche le lesioni rinvenute sul suo corpicino al momento dell’autopsia.
La ricostruzione di accusa e difesa
Messo davanti all’evidenza, il 36enne aveva provato allora a sostenere che avesse bevuto troppo per accorgersi di ciò che stava succedendo, che era “inebetito“. I giudici di primo e di secondo grado, basandosi sulle prove raccolte contro di lui, alla fine lo hanno riconosciuto colpevole. Dovrà scontare il massimo della pena, l’ergastolo. Una buona notizia per la madre della bambina, che comunque dovrà per sempre fare i conti con la sua morte senza senso.
Il caso della bambina precipitata dal balcone a Ravenna
Diverso il caso di Giulia Lavatura, la donna che lo scorso gennaio è stata arrestata con l’accusa di omicidio aggravato per essersi lanciata dal nono piano insieme alla figlia di sei anni e alla loro cagnolina, provocando la morte di entrambe: sembra che da una decina di anni fosse seguita dal centro di salute mentale per i suoi problemi psichici e che da un po’ avesse sospeso le cure.
Sui social, prima dell’estremo gesto, aveva pubblicato un post in cui accusava il marito e il padre di confabulare contro di lei: gli esperti sono convinti che vedesse la realtà in modo distorto. Stando alle ultime notizie, adesso sarebbe ricoverata nel reparto psichiatria dell’ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna e piantonata h24. A breve potrebbe essere sottoposta a una perizia: se venisse giudicata incapace e di volere al momento dei fatti sarebbe impunibile ed eviterebbe il processo.