Quando fu ucciso, la sera del 19 marzo di 22 anni fa, Marco Biagi aveva 52 anni e insegnava diritto all’Università di Modena. Lo aveva fatto anche quel giorno: tornando a casa dal lavoro, a Bologna, fu sorpreso da un commando di brigatisti muniti di casco integrale e ucciso a colpi d’arma da fuoco.
Chi era Marco Biagi, chi l’ha ucciso e perché?
Dopo essere sceso dal treno si era diretto in bicicletta verso la sua abitazione di via Valdonica. Ad aspettarlo, davanti al portone di casa, c’erano i suoi assassini, che gli spararono sei colpi di proiettile e si allontanarono. Marco Biagi morì poco dopo tra le braccia dei soccorritori del 118 giunti sul posto dopo una segnalazione.
Da poco era stato nominato consulente del ministero del Lavoro, finendo nel mirino del partito armato Nuove Brigate Rosse (nato dopo la dissoluzione delle vecchie BR), che quella stessa notte, facendo riferimento a una nuova strategia organizzativa, volta a colpire uomini dello Stato legati alla ristrutturazione del mercato del lavoro, ne rivendicò l’omicidio.
Non era il primo della serie: qualche anno prima i brigatisti avevano colpito il giuslavorista Massimo D’Antona, di 51 anni. Era il 20 maggio del 1999: in due lo avevano aspettato davanti casa e ucciso con nove colpi di pistola dopo averlo avvicinato con una scusa. Biagi, subito dopo, era stato minacciato e si era deciso di concedergli una scorta che poi, nonostante le sue insistenti richieste, alla fine del 2001 gli era stata tolta. Se fosse stato adeguatamente protetto, forse sarebbe scampato all’agguato.
Le condanne per l’omicidio Biagi
Le Nuove Brigate Rosse vennero sgominate l’anno successivo, in seguito a una drammatica sparatoria avvenuta sul treno regionale Roma-Firenze. Era il 2 marzo del 2003. Nei pressi della stazione di Arezzo due agenti della PolFer, la polizia ferroviaria, salirono sul convoglio per un controllo e chiesero ai documenti a un uomo e una donna che avevano tutta l’aria di essere una normale coppia.
Si trattava, in realtà, di Mario Galesi e di Nadia Desdemona Lioce, i due capi del gruppo eversivo: l’uomo invece di tirare fuori la carta d’identità, impugnò una pistola, sparò e uccise il sovrintendente di polizia Emanuele Petri. L’agente che era con lui rispose al fuoco, uccidendo il brigatista. Nadia invece fu fermata (e ancora oggi è reclusa in regime di 41 bis).
Al suo arresto ne seguirono altri. Fondamentali per ricostruire il gruppo di fuoco e i responsabili degli omicidi D’Antona e Biagi furono le dichiarazioni di Cinzia Banelli, che decise di collaborare con la giustizia. Lei stessa venne condannata – con una pena ridotta – per entrambi i delitti, insieme a Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma e Diana Blefari Melazzi, morta suicida in carcere.
Il ricordo di Marco Biagi 22 anni dopo
A 22 anni dai fatti il ricordo di Marco Biagi è ancora vivo. Lo dimostrano i tanti eventi organizzati in sua memoria, tra i quali spicca il convegno sul “Social Dialogue in Time of Societal Transformation” in corso presso la sede della Fondazione Marco Biagi di Modena.
Solo uno dei tanti appuntamenti che, in tutta Italia, rifletteranno sui temi cari al docente, che questa sera, come da tradizione, sarà ricordato anche alla stazione di Bologna: alle 19.20 i partecipanti partiranno in bici alla volta dell’abitazione di Biagi, dove deporranno una corona d’alloro.
Poi leggeranno brani di poesie e ascolteranno musica, rispondendo con la bellezza alla violenza che 22 anni fa si consumò nello stesso luogo.