Il rapporto padre-figli* è una delle relazioni più significative nella vita di una persona. Ogni anno, nel giorno della Festa del Papà, abbiamo l’opportunità di mostrare apprezzamento e amore per il nostro papà. Tra i vari modi per esprimere i nostri sentimenti, l’arte delle poesie si distingue per la sua capacità di catturare l’essenza di ciò che il nostro papà rappresenta per noi.

Poesia commovente per il papà

Le poesie offrono un modo unico per comunicare emozioni profonde e pensieri intimi. Nel giorno della Festa del Papà, quando ci impegniamo a rendere omaggio al nostro papà, le parole di una poesia possono trasmettere sentimenti che potrebbero essere altrimenti difficili da esprimere. Esse permettono di esplorare il legame speciale che condividiamo con il nostro papà, celebrando i momenti condivisi, le lezioni apprese e l’amore incondizionato che ci ha dato.

Scrivere o scegliere una poesia per il proprio papà è un gesto che va al di là delle semplici parole. È un’opportunità per riflettere sulla sua influenza nella nostra vita e per riconoscerne il valore. Una poesia può essere un regalo prezioso, perché è intrisa del nostro pensiero e delle nostre emozioni più sincere.

Ecco alcune tra le poesie più belle e commoventi da dedicare al proprio genitore per la festa del papà:

A mio padre, di Alfonso Gatto

Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni in libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un’ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
– Com’è bella notte e com’è buona
ad amarci così con l’aria in piena
fin dentro al sonno – Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgere a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l’alba.

Il pastrano, di Alda Merini

Un certo pastrano abitò lungo tempo in casa
era un pastrano di lana buona
un pettinato leggero
un pastrano di molte fatture
vissuto e rivoltato mille volte
era il disegno del nostro babbo
la sua sagoma ora assorta ed ora felice.
Appeso a un cappio o al portabiti
assumeva un’aria sconfitta:
traverso quell’antico pastrano
ho conosciuto i segreti di mio padre
vivendoli così, nell’ombra.

Mio padre, di Antonio Machado

Io ho quasi un ritratto
del mio caro padre, nel tempo,
ma il tempo se lo porta via…

Mio padre nel giardino di casa nostra
mio padre tra i suoi libri, che lavora.
Gli occhi grandi, l’alta fronte
il viso scarno, i baffi lisci.

Mio padre nel giardino della nostra casa
medita, sogna, soffre, parla forte.
Passeggia. Oh padre mio ancora
sei lì e il tempo non ti ha cancellato!

Ormai sono più vecchio di te, padre mio,
quando mi baciavi.
Ma nel ricordo, sono anche il bimbo che tu
conducevi per mano.

Al padre, di Salvatore Quasimodo

Dove sull’acque viola
era Messina, tra fili spezzati
e macerie tu vai lungo binari
e scambi col tuo berretto di gallo
isolano. Il terremoto ribolle
da due giorni, è dicembre d’uragani
e mare avvelenato. Le nostre notti cadono
nei carri merci e noi bestiame infantile
contiamo sogni polverosi con i morti
sfondati dai ferri, mordendo mandorle
e mele dissecate a ghirlanda. La scienza
del dolore mise verità e lame
nei giochi dei bassopiani di malaria
gialla e terzana gonfia di fango.

La tua pazienza
triste, delicata, ci rubò la paura,
fu lezione di giorni uniti alla morte
tradita, al vilipendio dei ladroni
presi fra i rottami e giustiziati al buio
dalla fucileria degli sbarchi, un conto
di numeri bassi che tornava esatto
concentrico, un bilancio di vita futura.

Il tuo berretto di sole andava su e giù
nel poco spazio che sempre ti hanno dato.
Anche a me misurarono ogni cosa,
e ho portato il tuo nome
un po’ più in là dell’odio e dell’invidia.
Quel rosso del tuo capo era una mitria,
una corona con le ali d’aquila.
E ora nell’aquila dei tuoi novant’anni
ho voluto parlare con te, coi tuoi segnali
di partenza colorati dalla lanterna
notturna, e qui da una ruota
imperfetta del mondo,
su una piena di muri serrati,
lontano dai gelsomini d’Arabia
dove ancora tu sei, per dirti
ciò che non potevo un tempo – difficile affinità
di pensieri – per dirti, e non ci ascoltano solo
cicale del biviere, agavi lentischi,
come il campiere dice al suo padrone:
‘Baciamu li mani’. Questo, non altro.
Oscuramente forte è la vita.