Chi erano Fausto e Iaio e come sono morti? Perché di recente si è tornati a parlarne? Iscritti all’anagrafe con i nomi di Fausto Tiniello e Lorenzo Iannucci, avevano entrambi 18 anni quando, il 18 marzo del 1978, due giorni dopo l’attentato che costò la vita ai cinque uomini della scorta dell’onorevole Aldo Moro, rapito in via Fani, a Roma, da un gruppo di brigatisti, furono freddati a colpi di pistola in via Mancinelli, a Milano.
Chi erano Fausto Tiniello e Lorenzo “Iaio” Iannucci e come sono morti 46 anni fa a Milano
Fausto e Iaio erano due militanti del centro sociale Leoncavallo di Milano. Il 18 marzo del 1978 avevano trascorso il pomeriggio insieme a un gruppo di compagni alla Crota Piemunteisa, ritrovo abituale dei giovani del quartiere Carosetto; poi si erano avviati verso casa del primo, dove la madre Filomena li aspettava per cena prima che tornassero al locale per assistere a un concerto jazz.
Attorno alle 19.55, all’angolo tra via Casoretto e via Mancinelli, furono freddati a colpi d’arma da fuoco da tre uomini che li avevano avvicinati e con i quali, secondo alcuni testimoni, si erano scambiati qualche battuta. Due giorni prima il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro era stato sequestrato in via Fani, a Roma, da alcuni brigatisti che facendo fuoco sulle auto della sua scorta avevano ucciso i cinque uomini che lo avevano prelevato sua abitazione per accompagnarlo a Montecitorio per il voto di fiducia al quarto governo Andreotti.
In tutto il Paese il clima era piuttosto teso. Le indagini sul duplice omicidio, che a Milano e non solo sconvolse gli animi, partirono subito serrate e si concentrarono su un possibile regolamento di conti negli ambienti della sinistra extraparlamentare. Fu solo una delle tante teorie avanzate negli anni, come quella secondo la quale Fausto e Iaio furono presi di mira per l’inchiesta sui traffici di eroina e cocaina che stavano conducendo. Traffici che erano gestiti da personaggi legati agli ambienti della malavita organizzata e dell’estrema destra milanese.
Le teorie sul duplice omicidio e le nuove indagini della Procura
Per il duplice omicidio furono indagati gli ex componenti dei Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari), Massimo Carminati, storico volto della Banda della Magliana, Claudio Bracci e Mario Corsi. Poi, nel 1999, il pm Stefano Dambruoso chiese l’archiviazione del caso per “insufficenza di prove”. Archiviazione che nel 2000 fu accolta dal gip Clementina Forleo con le seguenti motivazioni:
Pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva ed in particolari degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi.
Una svolta potrebbe ora arrivare dal fascicolo conoscitivo aperto dalla Procura milanese su richiesta del sindaco Beppe Sala e affidato ai pubblici ministeri Francesca Crupi e Leonardo Lesti del dipartimento antiterrorismo. L’obiettivo è trovare elementi utili per poter chiedere al gip un’effettiva riapertura delle indagini ed effettuare nuovi accertamenti tecnici sui reperti conservati.
Decisione che è stata accolta di buon grado sia dall’opinione pubblica, che ancora ricorda la storia dei due giovani uccisi in strada, sia da personalità di spicco della politica. Tra loro, anche il presidente del Senato Ignazio La Russa che, ricordando Fausto e Iaio insieme all’ispettore Luigi Calabresi e al militante di destra Sergio Ramelli, morti in circostanze simili, nel suo discorso di insediamento a Palazzo Madama si era augurato “che si arrivi finalmente alla giustizia”.
La loro storia è simile quella di altri militanti uccisi negli stessi anni, come Francesco Lorusso, che l’11 marzo del 1977, un anno prima, fu colpito in via Mascarella, a Bologna, nel corso di una manifestazione studentesca scoppiata dopo una serie di scontri che all’università avevano coinvolto gruppi di sinistra e forze dell’ordine.