I dati dell’Inps lo dimostrano chiaramente: l’utilizzo del congedo di paternità è triplicato negli ultimi nove anni, dal 2013 al 2022. Esistono, però, differenze fra nord e sud Italia e fra le varie fasce di reddito. Save the Children ha stilato una ricerca in occasione della festa del papà

Save the Children per la festa del papà: “Okay congedo di paternità, ma servono nuove politiche”

L’idea che a occuparsi della famiglia debba necessariamente essere la madre è – quasi – sradicata. O, almeno, è questo che sembra emergere dai dati dell’Inps e dalla ricerca condotta da Save the Children, che dimostra che il congedo di paternità è triplicato fra il 2013 e il 2022.

Un dossier reso pubblico in occasione della festa del papà, domani 19 marzo. Tuttavia, l’identikit del padre moderno differisce fra nord e sud Italia e persino fra le fasce di reddito. Da una prima analisi, infatti, pare che il congedo sia più utilizzato al nord e fra chi ha un reddito più alto, mentre al sud i numeri sono molto più bassi.

Per questo motivo, l’Organizzazione internazionale per il benessere dei bambini lancia un appello per promuovere nuove politiche che favoriscano l’accesso al mondo del lavoro delle donne, grazie a una più equa distribuzione delle responsabilità genitoriali.

Secondo il profilo, i nuovi papà hanno più di 30 anni, vivono al nord, hanno un contratto stabile in imprese di medie-grandi dimensioni e hanno un reddito medio-alto. Sebbene, sempre più spesso si sostituiscano a mamme e baby sitter, in molte regioni sono ancora le donne a dover rinunciare a una carriera per accudire i figli.

Gli squilibri familiari: il congedo dal 2013 al 2022

Dalle analisi Inps risulta che, nel 2013, poco meno di 1 padre su 5 abbia usufruito del congedo di paternità, circa il 19,25% della popolazione di padri presi in esame. Nel 2022, invece, a sfruttare i benefici del congedo sono stati circa 3 su 5, ovvero il 64,02%, corrispondente a quasi 180 mila padri.

Irrisoria la differenza fra genitori del primo figlio (pari al 65,88%) o dei successivi (62,08%). Il notevole distacco fra il 2013 e il 2022 potrebbe derivare dal fatto che, al momento dell’introduzione del congedo di paternità nel 2012, esso prevedesse solamente due giorni facoltativi e uno obbligatorio di astensione dal lavoro. Oggi, invece, ne prevede 10 obbligatori e uno facoltativo ed è fruibile tra i due mesi precedenti e i 5 successivi al parto.

Tuttavia, sono ancora presenti alcune discrepanze nell’uso del congedo. Queste sono dovute soprattutto all’età del neopapà, al tipo di contratto di lavoro, alla dimensione dell’azienda, al reddito e alla zona di residenza.

In particolare, la situazione geografica cambia notevolmente fra nord e sud. Nella provincia di Crotone, ad esempio, il tasso di utilizzo del congedo di paternità cala al 30%. In Sicilia, a Trapani al 27% e ad Agrigento 29%. Al contrario, si raggiunge l’80% nelle provincie di Bergamo e Lecco, Treviso l’82%, Vicenza l’83% e Pordenone l’85%.

Ma chi lo chiede? Fanno domanda soprattutto i papà di età compresa fra i 30 e i 39 anni (65,4%) e quelli che vanno dai 40 ai 49 anni (65,6%). Decisiva anche la dimensione dell’azienda: a quelle con più di 100 dipendenti il congedo è richiesto nel 77% dei casi. Fra i 50 e i 100 dipendenti si scende al 67,8%, fino a raggiungere il 45,2% in quelle con meno di 15 dipendenti.

La corresponsabilità genitoriale

Secondo Giorgia D’Errico, Direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children:

Il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli sta cambiando, anche se lentamente, anche in Italia, a favore di una maggiore condivisione delle responsabilità. È necessario sostenere questo cambiamento, andare nella direzione di un congedo di paternità per tutti i lavoratori, non solo i dipendenti, garantendo che i datori di lavoro adempiano all’obbligo di riconoscere tale diritto, e fino ad arrivare all’equiparazione con il congedo obbligatorio di maternità.

E spiega:

Una misura, questa, anche a sostegno delle neomamme, in un periodo della vita che troppo spesso si rileva difficile e caratterizzato da sentimenti di inadeguatezza e solitudine, come emerge anche da una indagine campionaria promossa nel 2023 da Save the Children. È essenziale incoraggiare i nuovi padri nella piena condivisione della cura dei figli, eliminando, al contempo, i tanti ostacoli che ancora oggi bloccano l’ingresso e lo sviluppo professionale delle madri nel mondo del lavoro

Infine, un’ultima linea di demarcazione deriva dal diverso tipo di contratto lavorativo. Infatti, i neopapà con contratti a tempo indeterminato fruiscono del congedo di paternità per il 70% dei casi. Mentre si ha il 35,95% per quelli con contratto a tempo determinato. Fra gli stagionali si arriva solo al 19,72%.