La Procura di Pavia ha deciso di aprire un fascicolo d’inchiesta per omicidio colposo per fare luce sulla morte di Jordan Tinti, il trapper di 27 anni conosciuto con il nome d’arte di Jordan Jeffrey Baby che nella notte tra l’11 e il 12 marzo è stato trovato morto impiccato in una cella della casa circondariale di Torre del Gallo. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Federico Edoardo Pisani, che come il padre il ragazzo dubita che si sia trattato di un gesto volontario.
L’intervista all’avvocato di Jordan Tinti, in arte Jordan Jeffrey Baby, morto in carcere a Pavia
I dubbi sul suicidio
Avvocato, riferendosi alla morte del suo assistito negli scorsi giorni ha parlato di “diverse anomalie”. A cosa si riferiva?
“Basti pensare che il ragazzo è stato trovato impiccato con le ginocchia a terra. Un’anomalia, appunto. Ce ne sono anche altre che al momento non posso riferire, elementi che mal si conciliano con una volontà suicidaria. Proprio sulla base di questi elementi il pubblico ministero ha aperto l’indagine per omicidio colposo, ma tutte le ipotesi sono da valutare. Io stesso due giorni fa mi sono presentato in Procura con una lista delle persone da sentire, persone informate sui fatti. Martedì ci sarà probabilmente il conferimento dell’incarico per l’autopsia, nomineremo anche noi un consulente di parte, ho avuto oggi l’ok. Dopodiché vedremo che sviluppi ci saranno”.
Il ritorno in carcere dalla comunità
Ricordiamo che il ragazzo era tornato in carcere da poche settimane dopo essere stato affidato provvisoriamente a una comunità…
“Era stato affidato a una comunità proprio per il pregiudizio che potesse essere vittima di abusi e soprusi quali quelli che aveva subìto e denunciato. In modo pressoché inspiegabile lo stesso magistrato che lo aveva scarcerato, a fronte di una segnalazione provenuta dall’UEPE (l’Ufficio interdistrettuale esecuzione penale esterna), a cui a sua volta era arrivata dalla comunità, ha deciso di sospendere la misura. Sulla legittimità del provvedimento non mi esprimo, la cosa anomala è che sia stato ricondotto nello stesso carcere dal quale era stato tirato fuori.
Aggiungo che il provvedimento gli è stato notificato il 2 marzo, il 4 marzo ho scritto al carcere autorizzandolo a chiamarmi e non ho ricevuto nessun contatto telefonico, il giorno 9 ho dovuto sollecitare l’autorizzazione. Ho ricevuto una chiamata dal ragazzo solamente alle 17 del pomeriggio dell’11 marzo, poche ore prima della morte, e non c’era nulla che potesse anche solo lontanamente far pensare a un gesto estremo, anzi, eravamo d’accordo che ci saremmo visti giovedì per un provvedimento a Monza e venerdì.
L’avevo anche tranquillizzato sul fatto che avevo interloquito con l’UEPE, al quale lui era affidato nel corso della misura alternativa e che non è mai stato informato della decisione del magistrato. Anche questo è un passaggio di cui non riesco a capacitarmi, perché se l’UEPE era l’organo che doveva decidere sul ragazzo, chi meglio dell’UEPE avrebbe potuto decidere se vi erano i presupposti per una sospensione ed eventualmente se quello di un rientro in carcere fosse per il paziente un contesto adeguato? Anche loro sono rimasti sbalorditi di non aver ricevuto notizie dalla comunità, che ha posto in essere, peraltro, delle condotte ostruzionistiche per il recupero dei suoi effetti personali.
Secondo la comunità il ragazzo avrebbe ammesso la titolarità del telefonino che pare gli sia stato trovato insieme a delle sigarette, che sarebbe stato uno dei motivi della sua sospensione, ma noi abbiamo elementi certi che escludono che fosse suo (come è riscontrato dal fatto che non comparisse nell’inventario degli oggetti che possedeva). Mi chiedo a questo punto come sia stato trovato. Chi ce l’ha messo lo sappiamo perché lo ha già ammesso e spero che il pm lo ascolti, si tratta di un ex paziente della comunità”.
Le denunce per maltrattamenti e abusi sessuali
Per la denuncia di maltrattamenti è in corso un processo, giusto?
“Il processo si è aperto da qualche settimana, se non che, per un legittimo impedimento del difensore dell’imputato (Gianmarco Fagà, noto come Traffik, in carcere sempre per rapina aggravata, ndr), è stato rinviato. Doveva riprendere ieri, ma è stato nuovamente rinviato per legittimo impedimento. Il giudice mi ha dato rassicurazione sul fatto che il 12 aprile ci sarà la terza udienza. Finalmente potremo formulare le richieste di prova, aprire il dibattimento e procedere poi, ad esempio, con il subentro del papà di Jordan nella costituzione di parte civile“.
Per quanto riguarda la denuncia di abusi sessuali, invece?
“C’è stata una richiesta di archiviazione che senza mezzi termini definisco vergognosa. La dichiarazione del mio assistito è stata ritenuta non pienamente credibile, addirittura perché non supportata da riscontri quando in realtà agli atti c’è tutto; la motivazione principale è che il ragazzo, non appena subìta la violenza, non l’avrebbe raccontata alla prima persona che passava (perché chiese di poter parlare con il responsabile, che arrivò dopo una decina di minuti).
Nell’opposizione ho scritto questo: se una donna vittima di violenza sessuale, per qualsiasi motivo – vergogna, paura – non racconta pochi istanti dopo i fatti della violenza subìta possiamo ritenere che quel racconto sia poco credibile? Francamente, ripeto, è vergognoso. L’udienza davanti al gip di Pavia (che dovrà decidere se accogliere o meno l’opposizione, ndr) si terrà a giugno di quest’anno. Nel frattempo l’indagato si trova ancora all’interno del carcere di Pavia, credo anche nella stessa sezione in cui si trovava Jordan. È paradossale”.