A distanza di decine e decine di anni dal rapimento di Aldo Moro, avvenuto la mattina 16 marzo del 1978, una grande parte dei brigatisti coinvolti oggi vive in libertà, dopo aver scontato la propria pena. Il sequestro dell’allora leader della democrazia cristiana durato 55 giorni e la successiva morte sono due degli eventi che più hanno segnato la storia dello scorso secolo in Italia.

Chi sono i brigatisti responsabili del rapimento e della morte di Aldo Moro?

Era una normale mattinata di marzo quando il leader della Democrazia Cristiana ed ex presidente del Consiglio dei ministri, mentre si stava recando al lavoro, diventò vittima uno dei più terribili rapimenti della storia italiana: a sequestrare Aldo Moro, dopo aver ucciso gli uomini della sua scorta, in via Mario Fani, furono alcuni brigatisti, ovvero membri delle Brigate Rosse.

L’evento scosse subito l’opinione pubblica italiana e l’intero Paese ne fu terrorizzato. Il sequestro durò 55 giorni, durante i quali i rapitori rilasciarono una serie di foto dell’ex premier e di comunicati contenenti una serie di importanti richieste alla politica italiana e alla classe dirigente dell’epoca.

Il 9 maggio fu poi fatto trovare il cadavere di Aldo Moro nel bagagliaio di una macchina, una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani. Il corpo del democristiano era a volte in una coperta. Nel petto aveva i segni di 11 colpi di pistola.

Pochi giorni dopo l’epilogo della tragedia si ebbero i primi arresti di brigatisti coinvolti tanto nell’agguato di via Fani – che portò alla morte di 5 uomini della scorta – tanto nell’uccisione di Moro stesso. Finirono subito in manette Enrico Triaca, tipografo che si era messo a disposizione di Mario Moretti, Valerio Morucci e Adriana Faranda.

I processi e le condanne

Nel 1983 la Corte d’assise di Roma, al termine di un processo su quanto accaduto, decretò 32 ergastoli e 316 anni di carcere a 63 soggetti imputati. Il giudice decretò ha inoltre quattro assoluzioni e tre amnistie.

Furono applicati trattamenti di favore nei confronti dei collaboratori di giustizia. Il giudice inoltre riconobbe le attenuanti a coloro che si erano dissociati.

Due anni dopo, durante il processo di appello i giudici scelsero di cancellare 10 ergastoli e di ridurre la pena da alcuni imputati. La Cassazione poi confermò questo giudizio. Negli anni successivi inoltre ci furono altri nuovi processi.

Emerse il coinvolgimento di 15 brigatisti nell’intera vicenda.

Che fine hanno fatti i brigatisti?

La maggior parte dei membri delle Brigate Rosse responsabili della vicenda Moro oggi ha finito di scontare la propria pena. Vediamo che fine hanno fatto i brigatisti, seguendo l’ordine alfabetico.

  • Rita Algranati, la “staffetta” del commando brigatista della strage di via Fani, fu condannata all’ergastolo. Ancora oggi sta scontando la sua pena, dopo un lungo periodo di latitanza.
  • Barbara Balzerani è morta il 4 marzo 2024. Aveva ottenuto la semilibertà nel 2006 dopo una condanna all’ergastolo.
  • Franco Bonisoli, condannato all’ergastolo, ha ottenuto la semilibertà. In via Fani sparò sulla scorta del politico democristiano. Oggi è libero.
  • Anna Laura Braghetti, arrestata nel 1980, condannata all’ergastolo, ha ottenuto la libertà condizionale dal 2002. Era l’intestataria e l’inquilina dell’appartamento di via Montalcini 8 a Roma, luogo in cui Moro era imprigionato.
  • Alessio Casimirri, fuggito in Nicaragua, dove gestirebbe un ristorante, non è mai stato arrestato.
  • Raimondo Etro, condannato a 24 anni e 6 mesi, poi ridotti a 20 anni e 6 mesi. Custodì le armi usate nella strage di via Fani. Ha terminato prima la sua pena nel 2010. Oggi è in libertà.
  • Adriana Faranda è tornata in libertà nel 1994 dopo essersi dissociata dalla lotta armata. Era la “postina” del sequestro. Oggi fa la fotografa.
  • Raffaele Fiore, condannato all’ergastolo, ha ottenuto la libertà condizionata nel 1997. In via Fani sparò contro le guardi del politico.
  • Prospero Gallinari all’epoca del caso Moro era già latitante. È deceduto nel gennaio 2013.
  • Maurizio Iannelli, condannato a due ergastoli, ha ottenuto la libertà vigilata nel 2003 ed è tornato a lavorare.
  • Alvaro Lojacono fuggì in Svizzera, Paese d’origine della madre, dove ottenne la cittadinanza. Non è mai stato estradato in Italia.
  • Germano Maccari: arrestato solo nel 1993, rimesso in libertà per decorrenza dei termini e poi riarrestato dopo aver ammesso il suo coinvolgimento nel sequestro. Il brigatista era condannato a 30 anni, poi ridotti a 26. È morto per aneurisma cerebrale in carcere nell’agosto 2001. Insieme a Braghetti era l’inquilino dell’appartamento romano.
  • Mario Moretti, condannato a 6 ergastoli. Nel ’94 ha ottenuto la semilibertà. Esce dalla prigione per lavoro, poi fa rientro la sera. Era uno dei maggiori dirigenti del gruppo. Ha organizzato il rapimento di Moro. Diverso tempo dopo il processo ha confessato di essere l’unico esecutore materiale dell’omicidio di Moro.
  • Valerio Morucci, condannato a 30 anni. Rilasciato nel ’94, si è dissociato dalla lotta armata. È libero. Effettuò gran parte delle telefonate legate al sequestro, compresa l’ultima in cui comunicò l’ubicazione del cadavere del politico.
  • Bruno Seghetti, condannato all’ergastolo, ha ottenuto la semilibertà nel 1999, revocatagli però nel 2001. Era alla guida dell’auto che rapì Moro.