Craig Wright non è Satoshi Nakamoto: questo è il responso dato da un tribunale del Regno Unito. Un giudizio che pone fine ad una lunga vicenda e che probabilmente sarà usato dagli avversari del primo sviluppatore di Bitcoin per rispolverare il nomignolo con cui è diventato famoso nella criptosfera: Faketoshi.

È stato il giudice che ha condotto la causa ad affermare che le prove in tal senso sono “schiaccianti”. Il caso era stato portato avanti dalla Crypto Open Patent Alliance (COPA), con il preciso intento di smascherare una volta per tutte quello che è ritenuto con tutta evidenza un semplice truffatore.

Craig Wright è Satoshi Nakamoto? La risposta è assolutamente negativa

Un tribunale del Regno Unito ha concluso che Craig Wright non è Satoshi Nakamoto e neanche l’autore del celebre white paper di Bitcoin. Il giudice interessato, James Mellor, ha definito assolutamente schiaccianti le prove al riguardo.

La causa era stata intentata dalla COPA nell’aprile 2021 nel preciso intento di impedire che Craig Wright, l’autoproclamato Satoshi Nakamoto, potesse rivendicare diritti d’autore sul whitepaper e sul database di Bitcoin.

Nelle pieghe del processo, sono stati in particolare Adam Back, pioniere del meccanismo di consenso Proof-of-Work su cui si regge Bitcoin, e il primo collaboratore di Nakamoto, Martti Malmi a contestare le affermazioni dell’imprenditore australiano.

Perché la vicenda è approdata nelle aule di tribunale

Come abbiamo già ricordato, la questione è approdata nelle aule di tribunale per impedire che Wright possa in futuro appropriarsi dei diritti d’autore sul documento base di BTC e sul suo database. La Crypto Open Patent Alliance, infatti, ritiene che ove ciò accadesse ne verrebbe influenzato l’accesso e l’utilizzo dell’icona crypto.

A rivelarsi decisivi sul verdetto fonale sono stati Adam Back e Martti Malmi. Il secondo, in particolare, non ha avuto remore nell’affermare di aver intrattenuto rapporti con il creatore di BTC, che è una persona diversa da Craig Wright.

Alla fine del dibattimento il giudice James Mellor non ha quindi avuto dubbi nella proclamazione del verdetto. Secondo lui, infatti, le prove che andavano contro le affermazioni dell’uomo d’affari australiano erano schiaccianti.

Craig Wright ora si arrenderà?

In molti hanno esultato di fronte al giudizio rilasciato nel Regno Unito. Craig Wright è infatti detestato da un gran numero di persone, tanto da essersi guadagnato l’irridente nomignolo di “Faketoshi”.

Il verdetto non è però sorprendente. Già nel corso della causa intentata da Ira Kleiman contro di lui, aveva infatti riportato una netta sconfitta, provando a farla passare per una vittoria. Era stato condannato a versare oltre 100 milioni di dollari al querelante, nell’ambito di una vertenza che questi aveva intentato per il furto di Bitcoin a danno di Satoshi Nakamoto dopo la morte di quest’ultimo.

Proprio durante questa causa la difesa di Wright aveva barcollato paurosamente, causa la presentazione di una serie di indirizzi BTC poi risultati falsi. Aveva inoltre affermato che un corriere da lui delegato si sarebbe presentato a gennaio con le chiavi di accesso le quali avrebbero consentito a Wright di rientrare in possesso di circa 1,1 milioni di Bitcoin. Un evento mai accaduto.

Un personaggio molto discusso

Peraltro, Wright si trova ormai da tempo sotto attacco, da più parti. In particolare, ha destato sensazione l’accusa avanzata da PaintedFrog, un blogger anonimo, di aver copiato la tesi con cui Wright si è laureato in giurisprudenza presso Northumbria University, nel 2008.

Si tratta peraltro dello stesso personaggio che aveva già avanzato un’accusa di plagio per la tesi di laurea presentata nel 2017 alla Charles Stuart University nel 2017, nell’intento di ottenere un dottorato. Un’accusa molto circostanziata, che affermava senza mezzi termini l’adozione di enormi parti di altri documenti. Nel farlo Wright aveva soltanto mutato alcuni termini ricorrendo a pseudonimi, in modo da bypassare i controlli automatici. In particolare, i testi copiati erano stati tre: “Ethical Hacking” scritto da Reto Baumann nel 2002, “Data Mining: Desktop Survival Guide”, pubblicato da Graham Williams nel gennaio 2008, e una pagina web elaborata da un professore di ornitologia.