Nell’era post-pandemica, il telelavoro transfrontaliero ha preso piede come una modalità lavorativa fondamentale, spinta dalle necessità di contenimento del COVID-19 e dall’evoluzione digitale del mercato del lavoro. Questa transizione verso il lavoro da remoto, oltre le frontiere, ha sollevato questioni importanti riguardo alla legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale per i lavoratori coinvolti. In risposta, è stato elaborato un nuovo quadro normativo a livello europeo per gestire le peculiarità del telelavoro transfrontaliero, preservando gli interessi dei lavoratori, dei datori di lavoro e delle istituzioni previdenziali. Ecco il contenuto del messaggio Inps n. 1072 del 13 marzo 2024.
Telelavoro transfrontaliero abituale: il ruolo dell’Accordo Quadro
L’Accordo Quadro, entrato in vigore il 1° luglio 2023, segna un passo avanti significativo nella gestione del telelavoro transfrontaliero abituale. Stilato dalla Commissione Europea, l’Accordo stabilisce criteri chiari per la determinazione della legislazione di sicurezza sociale applicabile ai lavoratori che svolgono la propria attività in Stati membri diversi da quello in cui risiedono. Secondo l’Accordo, i lavoratori che svolgono telelavoro transfrontaliero per meno del 50% del loro orario lavorativo possono rimanere assoggettati alla legislazione dello Stato in cui il datore di lavoro ha la sede legale o il domicilio. Questa disposizione offre flessibilità e sicurezza, sia per i lavoratori che per i datori di lavoro, facilitando la continuità della copertura assicurativa in uno scenario di lavoro a distanza.
L’Accordo Quadro introduce un meccanismo di deroga alla regola generale, che tradizionalmente assoggettava i lavoratori alla legislazione dello Stato di residenza se in esso si svolgeva più del 25% dell’attività lavorativa. Con l’adozione di questa misura, si mira a ridurre gli oneri amministrativi per le istituzioni previdenziali degli Stati membri, garantendo al contempo efficienza e praticità nella gestione delle richieste di applicazione dell’Accordo.
Cos’è il telelavoro transfrontaliero?
Il concetto di telelavoro transfrontaliero, come delineato nell’articolo 1, lettera c, dell’Accordo, comprende l’attività lavorativa che si svolge in uno o più Stati membri diversi da quello in cui si trova la sede del datore di lavoro. Questa definizione abbraccia l’uso di tecnologie informatiche per restare connessi con l’ambiente di lavoro, consentendo sia ai lavoratori dipendenti che ai lavoratori autonomi di svolgere compiti assegnati da remoto. Importante notare che il telelavoro non implica necessariamente una connessione continua durante l’orario lavorativo, permettendo flessibilità nelle modalità di esecuzione del lavoro, come dimostrato dall’esempio dei docenti che svolgono attività didattiche offline.
Accordo Quadro sul telelavoro transfrontaliero: Stati membri firmatari e procedura di adesione
L’applicabilità dell’Accordo si estende esclusivamente agli Stati membri che ne hanno formalizzato la firma. La procedura prevede che, per gli Stati che aderiscono successivamente al 1° luglio 2023, l’Accordo entri in vigore il primo giorno del mese seguente alla firma. Questo sistema permette una flessibile espansione della rete di Paesi coinvolti, facilitando l’inclusione di nuovi membri nel sistema di gestione del telelavoro transfrontaliero. L’Italia, ad esempio, ha ratificato l’Accordo il 28 dicembre 2023, rendendolo effettivo dal 1° gennaio 2024, un passo importante per l’armonizzazione delle pratiche lavorative e previdenziali transfrontaliere.
Chi è coperto dall’accordo?
L’articolo 2 dell’Accordo specifica che esso si applica ai lavoratori dipendenti che svolgono abitualmente telelavoro transfrontaliero, a patto che la loro residenza e la sede legale o il domicilio del datore di lavoro si trovino in Stati membri firmatari dell’Accordo. Questa disposizione garantisce che i lavoratori, che altrimenti sarebbero soggetti alla legislazione dello Stato di residenza in base alle norme generali dei regolamenti comunitari, possano beneficiare di una legislazione più favorevole in virtù del loro lavoro transfrontaliero. L’Accordo si rivolge a coloro che lavorano per una o più imprese situate in Stati membri diversi, offrendo chiarezza e sicurezza legale riguardo alla legislazione applicabile.
Esclusioni ed eccezioni
Nonostante la sua ampia applicabilità, l’Accordo stabilisce chiaramente situazioni in cui non si applica. Queste includono casi di lavoro non classificabile come telelavoro transfrontaliero, esercizio di attività in Stati non menzionati nell’articolo 2, o lavoro autonomo. In queste circostanze, i lavoratori e i datori di lavoro possono ancora stipulare accordi individuali basati sull’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 883/2004, permettendo una certa flessibilità nell’applicazione delle norme sulla sicurezza sociale.
Telelavoro transfrontaliero: come determinare la legislazione di riferimento
Uno degli aspetti più rilevanti dell’Accordo è l’articolo 3, che offre la possibilità, su richiesta, di soggiacere alla legislazione dello Stato in cui il datore di lavoro ha la sede legale o il domicilio, a condizione che il telelavoro transfrontaliero sia svolto in misura inferiore al 50% del tempo lavorativo complessivo. Questo meccanismo consente di superare le limitazioni delle norme generali, offrendo una maggiore flessibilità per lavoratori e datori di lavoro nel determinare la legislazione di sicurezza sociale applicabile.
Procedura per la richiesta di deroga e comunicazione modifiche
Secondo l’articolo 4 dell’Accordo, le richieste di deroga alla normale legislazione applicabile devono essere inoltrate nello Stato membro in cui il lavoratore desidera essere soggetto alla legislazione. Questo significa che tali richieste dovrebbero essere indirizzate all’istituzione competente dello Stato membro dove risiede la sede legale o il domicilio del datore di lavoro. Le domande di deroga sono ammesse solo per periodi successivi alla data di efficacia dell’Accordo tra gli Stati membri coinvolti e possono essere applicate per un massimo di tre anni, con la possibilità di estensione tramite una nuova richiesta.
È di cruciale importanza che qualsiasi cambiamento nelle circostanze che hanno portato all’approvazione della deroga sia immediatamente comunicato alle autorità competenti dal lavoratore o dal datore di lavoro. Questa comunicazione tempestiva consente allo Stato membro applicante di rivalutare la situazione e, se necessario, di modificare o revocare la deroga concessa, garantendo così l’adeguatezza e la correttezza della legislazione applicabile in base alla situazione attuale.
Deroghe retroattive: condizioni e limitazioni
Le richieste di deroga con effetto retroattivo sono ammesse soltanto in circostanze specifiche e sotto strette condizioni. È imperativo che i contributi di sicurezza sociale siano stati versati o che il lavoratore sia stato coperto dal regime di sicurezza sociale appropriato durante il periodo in questione. Le situazioni ammissibili per la presentazione di una richiesta retroattiva includono periodi non superiori a tre mesi dalla data di richiesta o, in casi eccezionali definiti dall’Accordo, periodi non superiori a dodici mesi se la richiesta viene presentata entro date specifiche.
Modalità di presentazione della richiesta per il rilascio del certificato A1
La procedura di presentazione delle richieste per il rilascio del certificato di legislazione applicabile (documento portatile A1) è chiaramente definita e deve essere seguita scrupolosamente. I datori di lavoro o gli intermediari autorizzati devono utilizzare l’applicativo specifico fornito dall’istituzione competente, autenticandosi con SPID, CIE 3.0, o CNS. È necessario selezionare l’opzione appropriata che indica la richiesta di deroga in base all’Accordo e fornire tutti i dati richiesti, compresi quelli relativi al datore di lavoro e alla situazione lavorativa del dipendente. La richiesta deve includere la copia dell’accordo di telelavoro, dimostrando il rispetto delle condizioni stabilite.
La gestione delle richieste di deroga è assegnata alle Direzioni regionali competenti, basate sul Paese di residenza del lavoratore.