La poetica di Alda Merini, donna straordinaria, ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama letterario del Novecento, sia in Italia che all’estero. Attraverso le sue potenti poesie, ha saputo esprimere le profonde sfumature della sua esperienza di vita, caratterizzata dall’alternanza tra momenti di lucidità e di follia, segnata dall’internamento in un manicomio.

Lo stile poetico di Alda Merini, contraddistinto da una sensibilità squisita, si distingue per una visione lucida e allo stesso tempo visionaria, permeata da un sottile senso di inquietudine, ma espressa con toni semplici, chiari e lineari. Come affermò il critico Giorgio Manganelli, la sua scrittura è pervasa da una “fantastica irruenza” creativa.

Biografia di Alda Merini

Nata il 21 marzo 1931 a Milano da una famiglia modesta, Alda Merini mostrò fin da giovane una passione per la poesia e la musica. A soli 15 anni esordì come scrittrice, incoraggiata da Giacinto Spagnoletti, suo primo mentore. Tuttavia, nel 1947, incontrò le prime difficoltà mentali e trascorse un mese internata a Villa Turro. Questo fu solo l’inizio di un lungo e doloroso percorso nel mondo della psicanalisi, caratterizzato da frequenti internamenti in manicomio.

Le prime poesie di Alda Merini furono pubblicate nell’Antologia della poesia italiana nel 1950, con titoli come “Il gobbo” e “Luce”. Fu notata e apprezzata da grandi nomi della letteratura come Montale e Quasimodo. Nel 1953, sposò Ettore Carniti, un panettiere benestante, e pubblicò il suo primo volume di versi, “La presenza di Orfeo”, seguito da “Nozze Romane” e “Tu sei Pietro”, dedicato al medico curante di sua figlia Emanuela.

Tuttavia, nel 1961, Alda Merini affrontò una nuova crisi e rimase internata al manicomio Paolo Pini fino al 1972. Questo periodo segnò un’ulteriore tappa del suo tormentato viaggio interiore.

La malattia e la “Terra Santa”

Per molti anni, Alda Merini visse un’alternanza di periodi di salute e di malattia. Non era più la giovane e spensierata Alda Merini quando, nel 1979, riprese a comporre versi che avrebbero poi trovato spazio nella raccolta “La Terra Santa” (1984), una sorta di terra promessa ricercata attraverso l’espressione poetica e la scrittura.

Dopo la scomparsa del marito nel 1981, Alda Merini sposò Michele Pierri, anche lui poeta, nel 1983, e si trasferì a Taranto, dove scrisse “La gazza ladra” e “L’altra verità. Diario di una diversa”, il suo primo libro in prosa. Tornò poi a Milano nel 1986 e pubblicò attraverso l’editore Vanni Scheiwiller opere come “Fogli bianchi” e “Testamento”.

La vita di Alda Merini conobbe finalmente momenti sereni in questi anni in cui compose opere come “Delirio amoroso” e “Il tormento delle figure”. Nel 1993 le fu assegnato il Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale.

Gli ultimi anni

Anche gli ultimi anni della sua vita furono proficui di opere celebri, da “La pazza della porta accanto” del 1995 a “Ballate non pagate”. Ottenne grande successo con “Reato di vita”, una miscela di autobiografia e poesia, e “La vita facile” (1996), vincitore prima del Premio Viareggio e poi del Premio Elsa Morante.

Molti dei suoi più celebri aforismi si trovano in opere come “La Volpe e il sipario” e “Aforismi e magie”, dettati spontaneamente ad altri. Le sue ultime opere includono “Clinica dell’abbandono”, accompagnata dalla videocassetta “Più bella della mia vita è stata la poesia”, “Pulcinoelefante” e “Le briglie d’oro”.

Alda Merini, la “Poetessa dei Navigli”, morì l’1 novembre 2009 all’ospedale San Paolo di Milano a causa di un tumore osseo. In suo onore, il cantautore Roberto Vecchioni compose “Canzone per Alda Merini”. Le sue più belle poesie continuano ad essere pubblicate dalle principali case editrici italiane.