Uscito al cinema lo scorso 29 febbraio, “La Sala Professori” è il nuovo film del regista tedesco İlker Çatak.
Candidato ai premi Oscar 2024 come miglior film internazionale, vanta attualmente 667.090 euro di incassi in Italia.

“La Sala Professori”, recensione

Germania. In una scuola media di periferia iniziano a verificarsi una serie di piccoli furti.
La professoressa Carla Nowak (Leonie Benesch) ha da poco preso servizio nell’istituto come insegnante di matematica e di educazione fisica.
È giovane e appartiene a quella rara categoria di professori ancora appassionati all’insegnamento.
Ha i capelli fini, sottili, biondo chiaro tendenti al rame, gli occhi verdi e la carnagione chiarissima.
Un fisico esile e un abbigliamento anonimo.
Carla è tedesca, ma figlia di genitori polacchi.

Un’insolita gentilezza la contraddistingue all’interno di un corpo docenti fatto di maestri svogliati, pettegoli, un po’ meschini.
I modi sempre pacati, mai sopra le righe, e un’apparente ingenuità nei riguardi dei ragazzi la fa apparire fragile e la rende bersaglio facile di atteggiamenti vessatori e pettegolezzi malcelati da parte dei colleghi.
Ma a lei piace stare con gli alunni, crede in loro. Questa professione l’appassiona al punto da trascurare anche se stessa non trovando neanche il tempo di acconciarsi i capelli, finendo sempre col legare quella chioma poco folta in una specie di coda disordinata.

È proprio per questa fiducia che ripone nei suoi allievi che quando i sospetti per i ripetuti furti ricadono su di loro le viene difficile digerire la linea accusatoria, leggermente aggressiva, e anche velatamente pregiudizievole nei confronti dei bambini figli di genitori stranieri, sostenuta dagli altri educatori.
È così che, dopo essersi battuta durante il consiglio di classe per tutelare al meglio gli studenti, le viene un’idea: un giorno, durante la pausa pranzo, decide di lasciare il portafogli all’interno della sua giacca appesa a una sedia e davanti il suo pc acceso per riprendere di nascosto e controllare se qualcuno avrebbe tentato un furto di lì a poco.

Dopo essersi assentata per qualche minuto fa ritorno in sala professori e nota che le mancano dei soldi, giustappunto in quel borsellino che aveva lasciato incustodito dentro la tasca del suo giaccone.
Controllando la registrazione che aveva fatto partire prima di allontanarsi scopre che si vede soltanto il braccio di chi ha commesso il furto, ma riconosce immediatamente la fantasia non comune della camicia indossata dal ladro.
Incredibilmente apprende che non è stato uno scolaro ad aver commesso il misfatto, bensì un’insospettabile impiegata dell’istituto scolastico che è anche madre del suo allievo favorito.

Ed è proprio qui che si nasconde il seme del male che darà vita a un conflitto che partirà piano, pacatamente, evolvendosi poi in una guerra che finirà risucchiata in un vortice di tensione e diffamazione dove la vittima si trasforma, per l’opinione pubblica, in carnefice.

“La Sala Professori”, critica

Il regista tedesco İlker Çatak, nato a Berlino nell’84, con questa particolarissima pellicola piena di pathos affronta diversi temi fondamentali per analizzare le basi su cui poggia la società attuale:
il ruolo della scuola all’interno dell’educazione nelle nuove generazioni, il rapporto alunni insegnanti, il rispetto dell’autorità e delle buone maniere, la figura genitoriale e il modo in cui si trasmettono ai figli i propri problemi caratteriali e di condotta.

E ancora l’aggressività giustificata e utilizzata come metodo d’insegnamento, la poca considerazione che si ha nei confronti dei ragazzi, ma di contro anche l’incapacità degli adulti di farsi rispettare dai più giovani e di porre un limite tra chi riveste una carica autorevole e chi rivendica la libertà d’espressione.

Ma il regista affronta anche la tendenza attuale sempre più violenta a creare una gogna mediatica a prescindere dalla veridicità di un fatto, di trovare un colpevole a tutti costi da lapidare in pubblico, il desiderio di vendetta che diventa veicolo di calunnia e atti diffamatori fino a rovinare irrimediabilmente la reputazione di qualcuno, la totale incapacità di prendersi le proprie responsabilità, di chiedere scusa, di affrontare le proprie colpe.
L’istinto che ormai tutti abbiamo di giocare a fare i giustizieri anche quando siamo armati delle migliori intenzioni, di registrare e riprendere la qualunque senza il consenso altrui, di decidere chi ha ragione e chi ha torto ponendoci su un pulpito giudicante prima ancora di aver vagliato e ascoltato possibili spiegazioni e circostanze attenuanti.

In ultimo, ma non meno importante, anche la colpa di chi, per eccesso di bontà, non denuncia e affronta le situazioni col pugno fermo anche in caso di aggressioni fisiche pensando di fare il bene di un giovane ragazzo che invece andrebbe aiutato tramite un percorso di psicoterapia.

“La Sala Professori” è un film non facile da metabolizzare, che ci lascia con moltissimi interrogativi e con un senso di giustizia insoddisfatto.
Questa è una storia dalla quale nessuno esce illeso: alla fine non c’è alcuna vittima, sono tutti colpevoli compresi i più fragili.