Il diritto al rimborso dei contributi versati volontariamente è limitato a circostanze specifiche stabilite per legge. Per la maggior parte, la contribuzione volontaria versata rimane nelle casse dell’ente previdenziale e contribuirà ad aumentare l’entità delle prestazioni pensionistiche.

Pensione, è possibile la restituzione dei contributi volontari?

Come è noto, i contributi volontari costituiscono un mezzo attraverso il quale il lavoratore contribuisce autonomamente alla previdenza INPS durante i periodi di inattività lavorativa. In genere, questa operazione viene effettuata per integrare il requisito contributivo minimo richiesto per l’accesso alla pensione, come ad esempio raggiungere i 20 anni di contribuzione per la pensione di vecchiaia, i 38 anni di contributi per la pensione con quota 100, o ancora i 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) per la pensione anticipata.

Tuttavia, a volte le circostanze non si sviluppano come previsto e il lavoratore potrebbe trovarsi di fronte al dilemma di come recuperare i contributi volontari versati. Potrebbe dover interrompere i versamenti per motivi economici prima di raggiungere i requisiti contributivi necessari, non accumulando così alcun diritto a pensione. Oppure potrebbe aver effettuato contributi che, in realtà, non erano necessari per la pensione o erano successivi alla decorrenza della stessa, quindi superflui. In altri casi, il lavoratore potrebbe decesso prima di soddisfare i requisiti contributivi richiesti.

In tutte queste situazioni, che sono quelle che coinvolgono più frequentemente i lavoratori, l’INPS non è in grado di restituire i contributi versati, poiché rimangono incamerati dall’ente previdenziale. Questo principio si basa sul concetto generale alla base del sistema assicurativo sociale, secondo il quale i contributi non utilizzati o non utilizzabili sono mantenuti dall’ente previdenziale e non vengono restituiti al lavoratore. La giurisprudenza ha più volte confermato l’assenza di un principio generale di restituzione dei contributi versati legittimamente quando non si verificano più le condizioni per la maturazione del diritto a una prestazione previdenziale.

Questo non implica necessariamente che i contributi versati siano completamente persi; possono essere utilizzati in diverse circostanze. Ad esempio, se viene versata una contribuzione superiore al minimo richiesto per ottenere il diritto alla pensione, questa contribuirà comunque ad aumentare l’importo della pensione. Se la contribuzione volontaria è stata versata in un fondo previdenziale diverso da quello in cui è stata ottenuta la pensione, è possibile richiedere un pagamento aggiuntivo di pensione.

Se la contribuzione volontaria è continuata dopo il pensionamento, è possibile richiedere un supplemento di pensione (che può essere richiesto per la prima volta dopo due anni dalla data di decorrenza della pensione e successivamente dopo cinque anni dalla data di decorrenza del precedente supplemento). Infine, in caso di decesso dell’assicurato, la contribuzione volontaria contribuirà al calcolo della pensione indiretta.

Obbligo di restituzione dei contributi volontari

L’obbligo di restituzione sussiste solo in tre circostanze specifiche, regolate dall’articolo 10 del Dpr n. 1432/1971. La disposizione menzionata considera i versamenti “indebiti”, consentendo quindi una richiesta di restituzione quando effettuati: 1) in ritardo rispetto al termine indicato dall’Ente previdenziale; 2) in violazione delle disposizioni del Dpr n. 1432/1971 (ad esempio, titolarità di una pensione diretta, mancanza dei requisiti assicurativi, ecc.); 3) per periodi comunque coperti da contribuzione effettiva o figurativa.

Un’altra ipotesi di restituzione si verifica in caso di ricongiunzione dei periodi assicurativi all’interno del FPLD ai sensi dell’articolo 1 della legge 29/79. Tali situazioni sono particolari e, comunque, meno frequenti.