Si è spento Paul Alexander, l’americano conosciuto anche come “l’uomo dal polmone d’acciaio”, per via dell’organo artificiale che gli ha permesso di rimanere in vita per circa 70 anni: la causa della morte è legata ad alcune pericolose complicazioni legate al Covid-19. A parlare del suo decesso sono stati diversi quotidiani esteri. In poche ore poi la notizia della sua dipartita ha fatto il giro del mondo, arrivando anche in Italia.

Addio a Paul Alexander: causa della morte e età

Paul Alexander è deceduto lunedì 11 marzo 2024 all’età di 78 anni: l’uomo che viveva grazie ad un polmone di acciaio, è morto per alcune complicazioni legate all’infezione da Coronavirus. Per l’uomo purtroppo non c’è stato più nulla da fare.

Paul era anche chiamato “Polio Paul”. Aveva trascorso 70 anni rinchiuso in un polmone d’acciaio. Era il 1952 quando l’uomo, originario di Dallas, in Texas, era rimasto paralizzato dopo essere stato colpito, quando era ancora un bambino, dalla poliomelite.

A causa di tale malattia infettiva, Paul poteva muovere solamente la testa, il collo e la bocca. I medici all’epoca avevano deciso di tenerlo in vita, attaccandolo e facendolo dipendere completamente da un polmone d’acciaio, il quale gli ha permesso appunto di vivere per ben 70 anni.

Il macchinario è un antenato dei moderni ventilatori meccanici e serve per la ventilazione artificiale.

La malattia

Paul Alexander dunque da bambino aveva contratto la poliomelite. La malattia lo aveva lasciato paralizzato a vita. L’americano era ed è ancora oggi noto per essere stato l’ultimo uomo vissuto per più tempo con un polmone d’acciaio.

Nella sua pagina GoFundMe di ieri, martedì 12 marzo 2024, è stata annunciata la scomparsa del 78enne texano, avvenuta il giorno precedente, lunedì 11.

Nato il 10 gennaio 1946, Paul era un avvocato ed uno scrittore. Aveva 6 anni quando era rimasto colpito dalla grave malattia infettiva.

Alla fine degli anni ‘50 ci fu una grave epidemia di poliomelite che colpì tantissimi bambini e bambine negli Stati Uniti d’America (e non solo).

I piccoli pazienti residenti a Dallas che avevano contratto il morbo – tra cui Paul – vennero portati in un noto ospedale della città. La maggior parte venne messa in un reparto in cui venivano utilizzati i polmoni d’acciaio.

Paul rischiò di morire. Qualche attimo prima però, fortunatamente, un medico si accorse che il bambino non respirava più. Così si decise di metterlo subito in un polmone d’acciaio.

Da quel momento non lo abbandonò mai più, se non per brevi periodi di tempo dopo aver ripreso il controllo della respirazione.

Da giovane, Alexander frequentò le scuole superiori diventando nel 1967 la prima persona a diplomarsi senza aver frequentato fisicamente una classe. Lo studente era impossibilitato a spostarsi e a prendere appunti, motivo per cui elaborò efficaci tecniche di memorizzazione.

In seguito vinse una borsa di studio e frequento l’università. Ha conseguito due lauree. Nel 1986 prestò giuramento come avvocato. Questa fu la sua professione per diverso tempi.

“Polio Paul” ha scritto un libro con le sue memorie nell’aprile del 2020. Il titolo è “Three Minutes for a Dog”. Secondo il giornale The Guardian, l’avvocato avrebbe impiegato ben 8 anni di tempo per completarlo.

Avrebbe utilizzato un bastone di plastica e una penna per battere sulla tastiera. Sempre secondo la stessa testata, ad aiutarlo sarebbe stato un amico che avrebbe scritto le parole di Paul sotto dettatura.

L’americano ha ispirato alcuni libri e film. Nel 2012 è uscito The Session, che racconta la storia di un giornalista costretto a vivere in un polmone d’acciaio, paralizzato dalla poliomielite.

Si tratta di una grave malattia infettiva a carico del sistema nervoso centrale che colpisce soprattutto i neuroni motori del midollo spinale.