Con la Risposta n. 66 a una istanza di interpello, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti sul rimborso IVA. L’IVA, o Imposta sul Valore Aggiunto, rappresenta una tassazione indiretta che grava sui consumi e influisce significativamente sulle operazioni commerciali delle aziende. In particolari circostanze, le imprese possono trovarsi a versare un importo di IVA superiore a quello dovuto, situazione che rende necessario conoscere i criteri e le procedure per la richiesta di rimborso. L’articolo 30-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, disciplina questa eventualità, offrendo alle imprese la possibilità di recuperare somme versate in eccesso.

Rimborso IVA: il ruolo dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 30-ter introduce un meccanismo per cui i soggetti passivi, ovvero coloro che effettuano operazioni soggette a IVA, possono richiedere il rimborso dell’imposta versata indebitamente. La norma specifica che tale richiesta deve essere inoltrata entro due anni dalla data del versamento o, se successiva, dalla data in cui si verifica il presupposto per la restituzione.

L’Agenzia delle Entrate, nell’ambito delle sue competenze, svolge un ruolo di supervisione e controllo sulla corretta applicazione delle norme IVA. Importante è il principio di neutralità dell’IVA, che mira a garantire che nessun soggetto economico sia indebitamente penalizzato o avvantaggiato dalla meccanica di questa imposta. La neutralità si concretizza nel rimborso dell’IVA indebitamente versata, subordinato alla restituzione al cessionario o committente dell’imposta erroneamente addebitata.

Rimborso IVA: il caso in esame

L’Agenzia delle Entrate ha esaminato il caso di una società, indicata come Alfa, operante nel settore della produzione, che si è avvalsa fino al 2017 dei servizi di logistica e facchinaggio forniti dalla cooperativa Beta, applicando l’IVA ad aliquota ordinaria. Successivamente, a seguito di una verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha riqualificato il rapporto di fornitura come un contratto di somministrazione lavoro, piuttosto che di appalto per servizi, determinando che le fatture emesse non avrebbero dovuto essere soggette a IVA per gli anni d’imposta 2016 e 2017.

Tale riqualificazione ha portato Alfa a essere l’unica parte sanzionata, nonostante Beta non abbia ricevuto accertamenti. Inoltre, Beta è attualmente non operativa a causa di una procedura concorsuale. Di fronte a questa situazione, Alfa ha aderito alla tregua fiscale introdotta con legge 29 dicembre 2022, n. 197, versando le somme relative all’IVA non detraibile per gli anni in questione.

La richiesta di rimborso IVA secondo l’articolo 30-ter

L’istante (Alfa) si trova in una condizione particolare, avendo versato un’IVA che non può essere detratta né oggetto di rivalsa. L’unico percorso rimanente sembra essere la presentazione di un’istanza diretta di rimborso IVA, consentita dall’articolo 30-ter del DPR 633/72. Questa normativa prevede la possibilità di richiedere il rimborso della maggiore IVA versata, a condizione che la richiesta venga presentata entro due anni dall’evento che ha generato la duplicazione dell’imposta, o entro un termine decadenziale esteso a 48 mesi per i versamenti diretti.

Procedura e implicazioni della richiesta di rimborso

La procedura di rimborso richiede una dettagliata documentazione che attesti l’indebito versamento dell’IVA e l’impossibilità di detrarre tale imposta. L’azienda deve preparare un’istanza motivata, supportata da tutta la documentazione fiscale pertinente, evidenziando come l’imposta versata sia effettivamente non detraibile e come tale situazione derivi da una riqualificazione fiscale del rapporto di fornitura.

La richiesta di rimborso non solo consente di recuperare somme indebitamente versate, ma rappresenta anche un’azione importante per affermare il diritto a detrazione dell’IVA, principio fondamentale del sistema IVA che, in linea di principio, non dovrebbe incontrare limitazioni.

Distinguere i ruoli: cedente/prestatore e cessionario/committente

La distinzione tra il ruolo del cedente/prestatore e quello del cessionario/committente è fondamentale. Mentre il cedente/prestatore ha la possibilità di chiedere il rimborso dell’IVA indebitamente versata, il cessionario/committente, gravato dall’imposta erroneamente fatturata, può esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti del prestatore. Questa distinzione riflette i principi di neutralità ed effettività dell’IVA, consentendo a chi subisce un’errata imposizione fiscale di ottenere il rimborso delle somme versate indebitamente.

La sentenza della Corte di Cassazione e le implicazioni per le aziende

Recentemente, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’IVA corrisposta in base a un rapporto di rivalsa non può essere oggetto di richiesta di rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, sottolineando la separazione tra il rapporto di imposta e la rivalsa.