I superstiti di lavoratori assicurati, che non possono beneficiare di una pensione indiretta, hanno la possibilità di ricevere un’indennità unica pari all’importo dell’assegno sociale, moltiplicato per il numero di anni di contributi versati dal defunto.
Che fine fanno i contributi in caso di morte?
Il sistema giuridico prevede un’indennità di morte a favore degli eredi dell’assicurato deceduto che non hanno diritto alla pensione indiretta. Questa indennità è un pagamento unico, non una pensione regolare, ma va comunque considerata attentamente, poiché può costituire una somma significativa, anche di diverse migliaia di euro.
In alcuni casi, il defunto potrebbe non aver soddisfatto i requisiti contributivi per garantire una pensione ai superstiti. Per avere diritto all’indennità una tantum, il lavoratore deve aver accumulato almeno 15 anni di contributi o, in alternativa, 5 anni di contributi, di cui almeno 3 nel quinquennio antecedente la morte. Quando questi requisiti non sono soddisfatti, gli eredi possono ricevere l’indennità unica ai superstiti al posto della pensione indiretta.
L’importo dell’indennità varia a seconda del sistema pensionistico del defunto, che può essere misto o contributivo. Nella seconda opzione, l’indennità è pari all’assegno sociale (€468 nel 2022) moltiplicato per il numero di anni di contribuzione dell’assicurato deceduto. Per periodi di contribuzione inferiori all’anno, l’indennità viene calcolata proporzionalmente alle settimane di contribuzione.
Ad esempio, se il defunto ha accumulato 10 anni di contributi, l’importo erogato ai superstiti sarà di circa 4.680 euro (468 € x 10). Questa somma viene distribuita tra il coniuge e/o i figli, e in mancanza di questi, ai genitori o ai fratelli e sorelle del defunto secondo le quote di ripartizione stabilite dalla legge.
Requisiti per avere l’indennità di morte
È importante notare che l’indennità viene corrisposta solo se i superstiti non hanno diritto a rendite INAIL a seguito del decesso del lavoratore e se non superano i limiti di reddito previsti per l’assegno sociale. Affinché il beneficiario possa ottenere il beneficio, il reddito annuo non deve superare i 6.085,43 euro (12.170,86 euro per i coniugati). In caso di concorso tra beneficiari, se uno di loro supera i limiti di reddito, la quota corrispondente dell’indennità verrà distribuita agli altri superstiti. Ad esempio, se uno dei figli eredi nel caso precedente avesse un reddito superiore alla soglia indicata, l’intera indennità di morte andrebbe all’altro figlio.
Se il defunto ha iniziato il rapporto assicurativo prima del 31 dicembre 1995, rientrando quindi nel sistema retributivo o misto, l’indennità di morte spetta esclusivamente al coniuge o, in sua assenza, ai figli che non hanno diritto a una pensione (articolo 13, legge 218/1952). In questo contesto, l’importo dell’assegno corrisponde a 45 volte l’ammontare dei contributi versati dal lavoratore durante l’intera carriera lavorativa.
Importo massimo dell’indennità di morte
La concessione dell’indennità è condizionata alla presenza, nel quinquennio antecedente la morte, di un quindicesimo dei contributi necessari per la prestazione (ossia un anno di contributi), e l’importo massimo della prestazione è fissato a 66,22 €.
L’indennità di morte è riconosciuta per i contributi versati dal lavoratore sia nell’assicurazione generale obbligatoria che nella gestione separata, nonché nelle forme ad esse esclusive, esonerative o sostitutive.
In entrambi i casi, gli eredi devono presentare una specifica domanda all’INPS per ottenere la prestazione. Il termine per la presentazione della domanda è di un anno dalla data di decesso del lavoratore assicurato (Circolare INPS 104/2003) o entro 10 anni se la prestazione è erogata secondo il sistema contributivo.