Lo scorso 26 gennaio ha accoltellato il marito Diego Rota nella loro abitazione di Martinengo, in provincia di Bergamo: Caryl Menghetti, che adesso si trova in una struttura psichiatrica, ha inviato ai cognati – la sorella e il fratello della vittima e sua moglie – una lettera in cui chiede loro di prendersi cura della figlia di 5 anni, che a giugno dovrebbe essere affidata alla zia. A parlarne è Il Corriere della Sera.

La lettera inviata da Caryl Menghetti ai familiari del marito Diego Rota

Nella lettera, lunga un foglio più un paio di righe, la donna, che dallo scorso 26 gennaio è accusata di omicidio, si rivolge ai cognati per chiedere loro di prendersi cura della figlia di 5 anni, che è stata temporaneamente affidata ai nonni materni.

Se almeno a lei volete ancora bene, sappiate che mai impedirò di farvela vedere – scrive -. Mi sono sempre fidata di voi e vi voglio tuttora bene anche se capisco l’odio nei miei confronti. La nipote è anche vostra e sapete perfino preferisco che lei stia con voi. Dovessi mancare anch’io, vorrei restasse sotto la vostra tutela. Se la vorrete, chiederò come fare.

Il procedimento per l’affidamento della bambina alla zia, la sorella del padre, in realtà è già partito: a giugno si terrà l’udienza davanti al giudice. Caryl Menghetti, 45 anni, non lo sa: dopo l’arresto è stata trasferita in una Rems di Torino perché affetta da problemi psichiatrici.

Bisogna capire se quando accoltellò il marito Diego Rota fosse capace di intendere e di volere oppure se, come si pensa, non fosse in sé. La mattina del 26 gennaio era stata visitata dai medici del reparto psiachiatrico dell’ospedale di Treviglio per delle allucinazioni e aveva prennunciato di voler fare del male al marito perché vedeva in lui dei demoni.

La sera, dopo essere stata dimessa con le indicazioni su una cura farmacologica da seguire, aveva aspettato che la figlia dormisse e l’aveva accoltellato per 25 volte nella loro camera da letto. Poi, ancora sporca di sangue, aveva videochiamato la sorella per confessarle ciò che aveva fatto. Un gesto estremo, che – come dice nella lettera – non riesce ancora adesso a spiegarsi.

I disturbi psichiatrici dopo la gravidanza

Stando a quanto ricostruito finora, la 45enne avrebbe accusato i primi scompensi dopo il parto, nel corso del quale perse uno dei gemellini che aspettava, nato morto. Con il marito si erano conosciuti dieci anni prima e per tanto tempo avevano cercato una gravidanza, ricorrendo per tre volte alla fecondazione assistita.

Con la figlia piccola fu sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio per poi seguire un percorso di cura a Nembro: Diego Rota le stette accanto, occupandosi della bimba, e lei sembrò migliorare. Dopo essere stata costretta a lasciare il lavoro da estetista prese in gestione il chiosco “Dolcetto o scherzetto” del Parco Suardi, a Bergamo, chiudendolo poco prima dell’omicidio.

Era nuovamente malata, ma neanche i parenti più stretti lo sapevano. Pensavano che la coppia avesse finalmente ritrovato una sua serenità. Il 26 gennaio era stata una vicina di casa a chiamare l’ambulanza, chiedendo il ricovero di Caryl, che appariva agitata e farneticante. Poi le dimissioni e il delitto, consumatosi in pochi attimi dopo le 23.

Il caso di Giulia Lavatura a Ravenna

Il caso di Caryl Menghetti aveva ricordato a molti quello di Giulia Lavatura, la 41enne arrestata dopo essersi gettata dal nono piano insieme alla figlia di 6 anni e alla loro cagnolina, sopravvivendo a entrambe: anche lei, come Menghetti, soffriva di disturbi psichiatrici da diverso tempo.

Anche lei, come Menghetti, aveva in un certo senso annunciato la tragedia, pubblicando sui social un lungo post accusatorio nei confronti del marito e del padre: pensava che stessero confabulando contro di lei. Come Menghetti aveva iniziato ad avere una visione distorta della realtà. Se fossero state curate, aiutate, probabilmente non sarebbero arrivate a fare ciò che hanno fatto. Probabilmente non avrebbero distrutto due famiglie.