“Ritorna fra cinque minuti”, implorò la madre, il suo volto teso da un presentimento oscuro che si rivelò poi realtà. Nel breve lasso di tempo, una bambina di sette anni fu vittima di un atto terribile. L’aggressore, un giovane ben conosciuto, svolgeva il ruolo di bidello nella scuola frequentata dalla piccola. La sua residenza era situata al primo piano di una cascina in un tranquillo paese a nord-est di Milano, un luogo frequentato da molte famiglie per le sue attività all’aria aperta. L’ambiente, inizialmente considerato un rifugio di serenità, si trasformò in una tragedia quando i bambini, solitamente giocanti sotto l’occhio vigile dei genitori e degli aiutanti, si trovarono a fronteggiare l’orrore.
Milano, bidello violenta bambina di 7 anni
Era un sabato a metà marzo quando il giovane poco più che ventenne, con una scusa ingegnosa sulle foto della sua sorellina, aveva instaurato una confidenza con la ragazza nei corridoi della scuola, persuadendola ad andare a casa sua. Convincere la ragazza fu facile: spesso i bambini, per i bambini, sono un’attrazione irresistibile. La piccola aveva custodito il suo segreto per oltre un mese, credendo di essere in qualche modo responsabile del male che sentiva dentro di sé. Fortunatamente, un giorno la diga si è infranta, e la bambina ha confessato il peso che portava alla madre.
La procura di Milano ha concluso le indagini per violenza sessuale aggravata, imputando al giovane un unico episodio, quello con la bambina, emerso durante le indagini durate oltre sei mesi. La pm Rosaria Stagnaro ha esaminato tutti gli elementi per verificare eventuali abusi su altri allievi da parte del ragazzo, impiegato come collaboratore scolastico in un istituto gestito da religiose. Tuttavia, gli investigatori non hanno trovato prove di ulteriori abusi e quindi non hanno richiesto misure cautelari, permettendo al ragazzo di rimanere in libertà. Non sono state segnalate altre vittime, e il ragazzo, figlio di un insegnante nella stessa scuola, è stato effettivamente allontanato, intraprendendo ora un percorso di cura con uno psicologo.
La madre scrive al Papa
La madre della piccola, coinvolta in un percorso terapeutico carico di rabbia, si sente isolata. Anche i genitori provano amarezza per coloro che non comprendono la gravità dell’accaduto e minimizzano l’evento, definendo il ragazzo non come un mostro, ma come vittima di un raptus. La scuola, secondo la madre, ha ignorato la situazione e ha allontanato il ragazzo solo sotto pressione. La donna ha persino scritto al Papa per denunciare il comportamento delle religiose, ricevendo risposte dalla Segreteria di Stato vaticana che promettono di far luce sugli episodi tramite gli organi ecclesiali competenti.
La preoccupazione persiste, specialmente perché il ragazzo, nonostante viva e lavori in un altro comune, fa ancora visita al padre nella cascina frequentata da molte famiglie nei fine settimana. La madre, assistita dall’avvocato Solange Marchignoli, chiede con forza azioni preventive, modifiche legislative e agevolazioni nei percorsi giuridici.