Un passo avanti più che dovuto a una categoria di lavoratori tra le meno tutelate al mondo, quella dei rider, che oggi saluta l’accordo del Consiglio Ue su una nuova direttiva che promette di iniziare a cambiare le cose. A partire dal riconoscimento di precisi diritti relativi al loro status occupazionale e sui sistemi di monitoraggio automatizzati.

Direttiva rider, ok del Consiglio Ue ma Francia contraria

Condizioni di lavoro al limite di una moderna, ma non meno crudele, schiavitù – come raccontava in modo magnifico e doloroso il bellissimo film di Ken Loach, Sorry we miss you – tra salari e ritmi lavorativi al di sotto di ogni soglia di dignità.

Ora, dopo scioperi continui – ultimo, quello nel Regno Unito di poche settimane fa – i rider europei salutano l’accordo arrivato dal Consiglio europeo riunito a Bruxelles sulla nuova direttiva riguardante i loro diritti.

Hubertus Heil, il ministro del Lavoro tedesco, lo definisce un passo importante per l’Europa sociale, sebbene la Germania sia stata costretta ad astenersi a causa della contrarietà della Francia.

Cosa prevede la nuova direttiva

Il provvedimento intende intervenire su alcuni degli aspetti più discutibili cui sono sottoposti i lavoratori delle piattaforme, circa 30 milioni in tutta l’Unione.

In primo luogo, quello relativo allo status occupazionale, sempre rimasto incerto tra subordinato o autonomo/freelance, con la conseguente negazione di diritti fondamentali quali il salario orario, le ferie e la maternità.

Il testo introduce ora il principio della presunzione legale di occupazione, per il quale gli Stati membri potranno presumere – appunto – che il rider sia un lavoratore dipendente a tutti gli effetti, cui spettano i diritti sopra menzionati. Saranno le piattaforme digitali a dover dimostrare l’assenza di un rapporto di lavoro, escludendo fatti che indichino forme di controllo e di direzione dell’attività svolta dal lavoratore.

In questo senso, la direttiva impone che i lavoratori ricevano le dovute informazioni sull’uso di sistemi automatizzati di monitoraggio e nella gestione delle condizioni di lavoro e dei loro compensi.

Vieta, inoltre, l’applicazione di questi sistemi per determinate tipologie di dati (relativi allo stato psicofisico) e stabilisce che vi sia un controllo umano sulle decisioni automatizzate, che possono, così, essere spiegate al lavoratore ed eventualmente ridiscusse da quest’ultimo.