Nell’isola di Pemba, nell’arcipelago di Zanzibar, nove persone, tra cui otto bambini e una donna adulta, hanno perso la vita a causa di un’intossicazione provocata dal consumo di carne di tartaruga marina.

L’episodio ha coinvolto complessivamente 87 individui, molti dei quali sono stati ricoverati in ospedale. Ma perché non si deve mangiare carne di tartaruga? Quali sono i gravi rischi che si corrono? Scendiamo nei dettagli

Perché non si deve mangiare carne di tartaruga? Quali sono i rischi?

I test di laboratorio hanno confermato la presenza di tossine, chiamate “chelonitossine”, nelle tartarughe marine, che rendono pericoloso il consumo della loro carne.

Situazioni simili si verificano periodicamente nei Paesi dove è comune consumare questo tipo di carne (considerato una prelibatezza), poiché le tossine possono accumularsi nei tessuti delle tartarughe senza evidenti segni esterni di pericolo.

Le chelonitossine rappresentano le tossine coinvolte nell’avvelenamento noto come chelonitossismo, una condizione che si verifica principalmente dopo il consumo di carne di tartaruga marina contaminata. Queste sostanze tossiche possono essere accumulate nei tessuti delle tartarughe marine dopo l’ingestione di alghe velenose.

I sintomi del chelonitossismo possono essere:

  • disturbi gastrointestinali;
  • complicazioni neurologiche gravi;
  • dolore addominale;
  • prurito;
  • irritazione della bocca e della gola;
  • confusione;
  • crisi convulsive;
  • paralisi.
  • in alcuni casi, possono manifestarsi anche segni di coinvolgimento cardiovascolare e neurologico, che possono portare al coma e alla morte a causa di insufficienza respiratoria.

Attualmente non esiste alcuna cura o antidoto contro questo avvelenamento. I trattamenti sono solo sintomatici, ecco perché tutto si basa sulla prevenzione, e sul non mangiare carne di tartaruga, tra l’altro, specie animale protetta.

Quali sono le alghe marine velenose per l’uomo?

Un’alta microscopica è velenosa è chiamata Ostreopsis e nel 2021 causò quasi 900 casi di infezione, portando a gravi preoccupazioni per la salute pubblica, tanto è vero che furono chiuse molte spiagge in Francia, per proteggere bagnanti e surfisti.

Le persone infettate hanno riportato sintomi come nausea, vomito, irritazione degli occhi, affaticamento e dolori addominali dopo il contatto con questa alga. Il contatto diretto o indiretto con le alghe può provocare l’infezione, che di solito si manifesta entro poche ore e scompare entro pochi giorni.

Ecco quali sono le alghe più velenose, a cui prestare attenzione:

  • Ostreopsis ovata, di cui abbiamo parlato sopra: questo organismo unicellulare può essere tossico e si sviluppa frequentemente sulla superficie di macroalghe rosse e brune. La sua proliferazione è associata a fattori climatici come l’alta temperatura dell’acqua e la pressione atmosferica elevata.
  • Microalghe produttrici di palytoxine: queste tossine sono tra le più potenti tossine marine non peptidiche e possono causare avvelenamento da frutti di mare, con sintomi quali vomito, diarrea, dolori muscolari agli arti, spasmi e difficoltà respiratorie.

L’intossicazione può avvenire attraverso il consumo di molluschi, crostacei o pesci contaminati (o carne di tartaruga, appunto) oppure per via aerea, tramite l’inalazione di aerosol contenenti frammenti di alghe marine o tossine.

I sintomi possono includere febbre alta, mal di gola, tosse, difficoltà respiratorie, cefalea, nausea, occhi rossi e irritati, lacrimazione, vomito e dermatite.

Per prevenire gli effetti nocivi del contatto con le microalghe tossiche, è consigliabile rimuovere le macroalghe o altri detriti organici dalla battigia.

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Il cambiamento climatico sta portando alghe velenose nei nostri mari

Il cambiamento climatico sta portando alghe velenose verso le coste europee.

La proliferazione dell’Ostreopsis è favorita principalmente dalle temperature dell’acqua superiori ai 20 gradi Celsius. Queste microalghe sono state avvistate per la prima volta in Francia nel 1972 e ora sono presenti lungo le coste del Mediterraneo in Francia, Italia e Spagna.

Il ceppo velenoso dell’Ostreopsis, noto come “ovata”, ha origine dalle acque tropicali ed è diventato un problema diffuso nel Mediterraneo, rappresentando una minaccia sia a livello regionale che globale.

L’Ostreopsis, di colore bruno-rossastro, è solitamente invisibile a causa delle sue dimensioni microscopiche, ma può formare fioriture galleggianti che conferiscono all’acqua un sapore metallico. A volte può essere confuso con altre alghe marine, assumendo la forma di fiori nell’Oceano Atlantico.