I contributi silenti per le pensioni rappresentano quei versamenti previdenziali effettuati dai lavoratori nel corso della loro carriera, ma che non vengono impiegati per la propria pensione.

Nonostante possa sembrare strano, questa situazione è comune poiché molti contributi, pur essendo versati e incassati dalle casse pubbliche, non si trasformano effettivamente in pensione e quindi non vengono erogati dall’istituto previdenziale. Non si tratta di un comportamento illecito né di un errore da parte dell’INPS. Alcuni contributi, per scelta del lavoratore o per impossibilità di utilizzo, non completano il loro ciclo.

Contributi silenti, che fine fanno?

Dal punto di vista dell’INPS, i contributi silenti costituiscono un aspetto favorevole. Fondamentalmente, si tratta di fondi versati dai lavoratori che finiscono nelle casse dell’INPS senza essere restituiti sotto forma di pensione.

Un esempio comune è rappresentato dai lavoratori con versamenti inferiori ai 20 anni di contribuzione minima. Al di sotto di questa soglia, a meno di specifiche deroghe come le tre deroghe Amato, non si ha diritto a una pensione.

Per molti pensionati, specialmente donne con carriere brevi dedicate alla famiglia, la percezione dell’assegno sociale è l’unica opzione. La problematica risiede nel fatto che l’INPS non rimborsa i contributi versati, anche se non concede il diritto a una pensione. Pertanto, l’unico modo per rendere utili questi contributi è renderli utile ai fini pensionistici.

Cosa fare se non si hanno abbastanza contributi per la pensione?

Il primo passo consiste sempre nella verifica dei contributi versati. Se mancano alcuni anni, è possibile esplorare opzioni come versamenti volontari, riscatti, ricongiunzioni, e così via. Tuttavia, la maggior parte di queste soluzioni implica un investimento finanziario da parte dell’interessato, pertanto è essenziale valutare se ne vale la pena.

Tutto ciò è finalizzato al raggiungimento del requisito di contribuzione minima necessario per ottenere una pensione dalla gestione previdenziale corrispondente.

Va sottolineato, ad esempio, che chi ha pochi contributi versati può richiedere la pensione di vecchiaia all’età di 71 anni, anche con soli 5 anni di versamenti. Questa situazione è particolarmente rilevante per le donne che, a causa del reddito del marito, non hanno diritto neanche all’assegno sociale.