Nonostante la forte crescita del prezzo, sembra proprio che le balene di Bitcoin non abbiano al momento alcuna intenzione di vendere. Stando ai dati fatti registrare il 7 marzo, ammonta a 2.104 il numero di indirizzi che sono in possesso di almeno mille BTC. Un numero in crescita, anche se ancora inferiore al record del 2021, quando il prezzo dell’icona crypto era attestato a quota 46mila dollari.

Secondo alcuni analisti, tale aumento potrebbe essere ricondotto al ruolo assunto dagli Exchange Traded Fund spot. Il 4 marzo, infatti, gli ETF Bitcoin hanno oltrepassato la soglia dei 52,5 miliardi di dollari, in termini di trading cumulativo.

Perché le balene non vendono Bitcoin?

In un post su X (ex Twitter) pubblicato il 7 Marzo, Julio Moreno, responsabile della ricerca presso la società di intelligence on-chain CryptoQuant, ha affermato: “La crescita delle quote Bitcoin detenute dalle whale sta diventando parabolica.” Un’affermazione supportata del resto dai dati di Glassnode.

Un trend che si verifica in contemporanea con la modesta impennata dei trasferimenti dalle balene agli scambi. Si è verificata in questo caso appena una modesta crescita, se rapportata a quella dei precedenti periodi di forte crescita o calo del mercato.

Dall’analisi delle metriche, risulta come sia in atto un forte afflusso di nuovi investitori. Nonostante ciò, le whale non sembrano intenzionate per il momento ad abbandonare le posizioni prese.

Naturalmente in molti si chiedono il motivo per il quale le balene non siano propense a vendere a questi livelli di prezzo. La risposta è in fondo abbastanza semplice: si attendono un ulteriore forte aumento di prezzo nel corso delle prossime settimane.

Una speranza che, del resto, non sembra campata in aria. Se l’approvazione degli ETF Spot su BTC sta già esercitando la sua influenza, quella del quarto halving è soltanto all’inizio. Se è vero che molti investitori cercano l’icona crypto preventivando la crescita con l’approssimarsi dell’evento, l’onda di piena è previsto per i momenti successivi al dimezzamento delle ricompense spettanti ai minatori.

Anche qui, il motivo è facilmente ravvisabile: dopo l’evento il ritmo di estrazione dei nuovi token è destinato a calare, dando luogo ad una spirale deflazionistica. Questo è il primo dato di fatto con cui i mercati dovranno fare i conti. Ma non il solo.

Il Bitcoin sta diventando sempre più raro, sul mercato

Uno dei dati di cui si è parlato poco, sin qui, è quello relativo al fatto che è sempre più raro riuscire a reperire Bitcoin sul mercato, se non sui canali di vendita maggiori. Più di un esperto di crypto lo ha messo in rilievo, ma questo dato è stato sinora scarsamente citato, quando si cerca di capire il motivo per cui il prezzo di BTC continui a crescere a ritmi intensivi.

Ad aggravare questa penuria sono stati gli ETF spot, che negli Stati Uniti trainano con forza la domanda. Basti pensare in tal senso al BlackRock iShares Bitcoin Trust, che il passato 5 marzo ha fatto registrare il suo massimo afflusso giornaliero, conseguendo 778 milioni di dollari.

Naturalmente, a fronte del comportamento anomalo delle balene, più di un investitore ha iniziato a interrogarsi su dove potrebbe arrivare a questo punto Bitcoin. Se la vecchia previsione di John McAfee, che prevedeva lo sfondamento di quota un milione di dollari, è da considerare una sorta di boutade, quelle che indicavano la quota di 100mila sono invece sempre più attuali.

Una quota che è del resto stata indicata con chiarezza da Standard Chartered. È stato il responsabile della ricerca sugli asset digitali della società, Geoff Kendrick, a formulare il pronostico, quasi un anno fa. Se qualcuno pensava ad un’esagerazione, quanto sta accadendo in questi giorni ha riportato in auge le sue parole.