Si radunano oggi, sabato 9 marzo 2024, alle ore 13 in piazza della Repubblica a Roma i partecipanti alla manifestazione per la pace fortemente voluta dalla Cgil di Maurizio Landini e convocata da AssisiPaceGiusta e Europe for Peace. Un corteo che sfilerà per la Capitale fino al suo arrivo ai Fori Imperiali, per chiedere il cessate il fuoco, la fine dell’occupazione israeliana a Gaza e il riconoscimento dello Stato di Palestina.
Un tema, quello della guerra nella Striscia di Gaza, già entrato anche nella manifestazione di ieri per la festa della donna, come ha ricordato Maya Issa, leader dei giovani palestinesi.
Le immagini del corteo che ha percorso le strade di Roma per chiedere la pace e il cessate il fuoco, oltre che la fine della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali.
Anche l’attore Elio Germano ha preso parte al corteo e, raggiunto dai cronisti, ha spiegato quanto la pace sia, per usare le sue parole, “una cosa faticosa“, rispetto al confronto violento e alla guerra. Ma, spiega, è anche l’unica vera strada per il benessere e la soluzione dei problemi.
“Trovare un accordo, fare un’assemblea, ascoltarsi, è la cosa più faticosa che esiste ma è l’unica strada di soddisfazione. Dire che primeggiare sugli altri faccia stare bene è un falso. Viviamo tutti su questa grande menzogna che dovremmo cominciare a smontare”.
Una strada resa ancora più difficile, secondo Germano, dal fatto che, fin da bambini, la società insegna “a risolvere le controversie con le armi, già dai cartoni animati“.
In tal senso, l’attore parla anche degli investimenti nell’industria delle armi, per lui da indirizzare verso altre finalità:
“Invece di spendere soldi in queste cose che servono solo per creare dolore, potremmo usarli per creare benessere e un futuro possibile. Viviamo in un sistema fondato su una continua espansione quando, invece, siamo in un sistema limitato quindi c’è una contraddizione in termini che, prima o poi, dovremo provare a risolvere”.
Infine, l’attore critica apertamente il concetto di guerra come strada per la risoluzione delle controversie perché, rimarca, “i morti non fanno bene a nessuno“:
“Le armi servono a coltivare questa idea che il continuo accrescimento si ottiene invadendo, quando i problemi si risolvono ascoltandosi, parlandosi, mettendosi nei panni degli altri e capendo quali sono le motivazioni di ciascuno“.
Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, saluta quella che definisce “una bellissima piazza” riunita anche sotto la pioggia di Roma, per chiedere “che si fermi questo massacro del popolo palestinese“.
Dopo l’invito allo Stato e ai governi internazionali di intervenire per favorire la liberazione degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi, attraverso un cessate il fuoco, Landini passa all’attacco del premier israeliano Benjamin Netanyahu:
“Credo che, in questo momento, sia necessario dire con chiarezza che quello che sta facendo Netanyahu sia un danno anche per il popolo israeliano. Nel difendere il popolo palestinese, noi difendiamo anche il popolo israeliano. A fare danni sono le politiche del premier israeliano”.
A chi gli fa notare che in piazza ci siano solo bandiere della Palestina, il segretario Cgil replica:
“Per noi la battaglia ‘due popoli e due Stati’ è fondamentale ma oggi va impedito che inermi palestinesi continuino a morire. È una follia che va bloccata”.
In piazza c’è anche l’ex presidente del Consiglio e leader della sinistra italiana Massimo D’Alema, che spiega le ragioni della sua partecipazione alla manifestazione:
“Ho colto un appello della Cgil e dei movimenti per la pace a manifestare per la pace ed esprimere solidarietà alle popolazioni colpite e protestare per il fatto che la comunità internazionale non riesca a imporre un cessate il fuoco, che sarebbe dovuto per evidenti e drammatiche ragioni umanitarie”.
Anche D’Alema, poi, interviene su quella che definisce “una disputa nominalistica” relativa al corretto utilizzo o meno della parola ‘genocidio’ per riferirsi a quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza. Una questione che dice di trovare “scandalosa“:
“Per me il fatto che siano stati uccisi quasi 12mila bambini è sufficiente. Non so come lo si vuole chiamare… Probabilmente saranno consolati i loro genitori dalla informazione che non si è trattato di un genocidio, ma soltanto di un massacro. Non lo so come si vuole chiamare”.
Infine, una ‘stoccata’ al governo, colpevole di essersi astenuto sulla risoluzione Onu per il cessate il fuoco, cosa che non sarebbe mai successa in passato e che rende, dunque, difficile la ricerca di una posizione condivisa e bipartisan sulla guerra in Medioriente:
“Il governo italiano ha votato contro il cessate il fuoco, astenendosi alle Nazioni Unite. È una cosa che nessun governo italiano del passato avrebbe mai potuto fare. Quindi è una posizione che mi sembra renda piuttosto difficile la condivisione”.
Luigi De Magistris, ex sindaco di Napoli, prende la parola per fornire la sua interpretazione delle parole del ‘writer’ Jorit nei confronti di Vladimir Putin, contestate da qualcuno perché considerate un endorsement al leader russo. Opinione non condivisa dall’ex magistrato:
“L’endorsement a Putin, se quello fosse l’intento, sarebbe sbagliato. Ma dalle parole di Jorit e dal gesto che ha voluto dare, lui ha voluto mandare il segnale che i governanti finora non hanno mai utilizzato, di voler costruire ponti di dialogo“.
De Magistris contesta i leader occidentali che, invece, rifiutano questa prospettiva e “parlano solamente di guerra, di armi, di truppe Nato“.
A proposito di Gaza, l’ex sindaco partenopeo si rivolge direttamente al governo italiano, chiedendo di interrompere ogni tipo di sostegno, economico o militare, a Israele, oltre a ribadire la necessità del cessate il fuoco e lo stop al genocidio in corso.
Infine, tornando sulla guerra in Ucraina, De Magistris indica come la strategia dell’armare l’Ucraina per consentirle di difendersi non stia dando affatto i risultati auspicati e i rischi drammatici se non si deciderà di invertire questa linea:
“Ormai si è compreso che l’invio di armi indicato come l’inizio della fine di Putin non ha raggiunto il risultato, anzi, forse siamo al consolidamento di Putin, con oltre 500 miliardi spesi, un’Europa sempre più debole e il rischio di una Terza Guerra Mondiale sempre più concreto“.
Rossella Miccio porta la testimonianza di Emergency, associazione fondata dal compianto Gino Strada, da sempre in prima linea contro ogni guerra.
Miccio sottolinea come il ruolo di Emergency in una piazza come questa e, in generale, nella propria attività sia quello di ricordare sempre come la guerra non sia mai la soluzione:
“Chiediamo un cessate il fuoco immediato a Gaza, ma lo abbiamo chiesto anche per la guerra in Ucraina, così come in Sudan. Crediamo sia importantissimo far sentire la voce delle tantissime persone che questo bisogno lo sentono forte. Speriamo che la politica ascolti“.
Sulla crisi in Medioriente, in particolare, la presidente di Emergency definisce “gravissimo” che luoghi solitamente protetti dai conflitti come gli ospedali vengano “violati costantemente e intenzionalmente“ da vere e proprie azioni criminali.
Infine, risponde quando le viene chiesto come avrebbe reagito Gino Strada (scomparso nel 2021) di fronte a tutto questo:
“Penso spesso a come lo vivrebbe e penso che sarebbe arrabbiatissimo, come lo siamo tutti noi. Ed è proprio per questo che siamo qui oggi a gridare: ‘Cessate il fuoco’”.
In piazza della Repubblica, poco prima della partenza del corteo, sono presenti Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, leader di Alleanza Verdi Sinistra.
Intercettati dall’inviato di TAG24, Lorenzo Brancati, i due rispondono alle polemiche sollevate da più parti sull’uso della parola ‘genocidio’.
Bonelli chiarisce che si è riflettuto molto sull’utilizzo di questo termine, poi suffragato da ciò che lui e altri parlamentari hanno visto nella loro visita dei giorni scorsi a Rafah:
“Abbiamo visto e video documentati, e con questi documenti sono indizi genocidiari come previsti dalla Convenzione di Ginevra”.
Il portavoce dei Verdi entra nel dettaglio, poi di quanto visto a Rafah, chiedendo un intervento internazionale sulla crisi di Gaza.
“Impedire al popolo di avere il cibo, vedere persone che muoiono di fame e rase al suolo strutture civili e sanitarie che non sono una minaccia bellica, rende evidente come l’obiettivo sia cancellare un popolo o mandarlo via dalla propria terra. Quindi è giusto che un tribunale internazionale indaghi su quanto sta accadendo a Gaza“.
Gli fa eco Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana:
“Usiamo la formula precisa di ‘genocidio’ perché è quello usato dalla Corte Penale internazionale. Bisogna impedire che si possa arrivare a questo. Le parole si possono anche cambiare. Se qualcuno preferisce usarne altre – ‘strage’ o ‘carneficina’ – è libero di farlo, ma di questo stiamo parlando”.