Velo sì, velo no. E’ violenza allo stato puro, perché si costringono le donne ad indossarlo anche se non vogliono, o è cultura come sostengono nei paesi e nella stessa cultura musulmana? Un dibattito aperto da anni, vibrante e che accende da sempre polemica. Il problema che una donna, una persona quindi, possa essere libera di metterlo o meno di metterlo, ed è questo il punto, non viene nemmeno contemplato. E questo mette paura, anche perché pure in Italia, ci sono città e zone dove le donne sono obbligate a indossarlo come ha mostrato Tag 24 nella sua inchiesta “Banlieue di Roma”.

Si è cercato di capirlo, in qualche modo, ma soprattutto di approfondirlo tra i ragazzi e soprattutto le ragazze durante il corteo transfemminista organizzato da “Non una di meno” per l’8 marzo 2024, dove ci sono state diverse associazioni che hanno manifestato e protestato, chiedendo anche l’indipendenza della Palestina, anche se, più passa il tempo, vedendo quanto accade a Gaza, più sembra un’utopia.

Ad ogni modo, Tag24 ha portato avanti un’inchiesta sull’obbligo che hanno da sempre le donne musulmane di indossare il velo, anche se in Iran, paese radicale e dalla cultura islamica estremista, per questo si è sollevata quasi una rivoluzione. Le donne lo indossano perché costrette dai mariti, anche se nel Corano non c’è nulla che lo indichi espressamente, ma nello stesso libro ci sono tante cose che non vengono indicate (la guerra santa ad esempio o quanto meno non come definita e descritta dai terroristi).

Ma non è tutto. Tag24 nella stessa manifestazione ha cercato di approfondire un altro argomento che, in qualche modo, si potrebbe collegare alla costrizione di indossare il velo, con la mancata condanna da parte dei sostenitori del popolo palestinese degli stupri contro le donne israeliane commessi da Hamas.

Manifestazione 8 marzo, le donne di borgata contro il genocidio a Gaza: “Noi siamo per la libertà dei popoli e contro questo sistema sionista”

La presenza di bandiere palestinesi per alcuni ha dato un senso politico al corteo transfemminista di oggi 8 marzo a Roma. Difficile però parlare di propaganda pro-Hamas, quanto piuttosto di voler indicare alla società e politica italiane che esistono molti giovani che criticano pesantemente l’azione militare e politica di Israele a Gaza.

Le manifestanti intervistate da TAG24 non vedono alcuna contraddizione su questo tema, perché la liberazione del popolo palestinese (comprese ovviamente le donne) coincide con l’abbattimento delle strutture patriarcali e del capitalismo neoliberale:

“In queste giornate di lotta, dove comunque tutti scegliamo di venire rappresentati e di lottare per le cose in cui crediamo, in questi ultimi mesi in cui la questione palestinese è esplosa dobbiamo ricordarci che è una questione che avviene da 75 anni, noi stiamo intersecando le due lotte, portando sia la lotta per l’emancipazione femminile sia quella al fianco delle donne palestinesi, che ogni giorno per molti anni hanno dovuto subire questo sconforto nella vita”.

Un’altra manifestante si mostra d’accordo con quanto sottolineato e per lei essere in un corteo come questo è anche una sfida a paesi totalitaristi e fascisti nel mondo.

“Abbiamo visto come nel movimento femminista e transfemminista non si porta avanti il tema della Palestina che è un tema che tocca tutti e vogliamo portare un po’ di politica in questi temi, che non si può basare solo su un transfemminismo bianco e borghese. Donne costrette a portare il velo? Se parte in primis dalle donne che si sentono represse dalla loro religione, sì, siamo qui come donne di borgata e andiamo a parlare di tutti quei diritti che con questo femminismo bianco e borghese non vengono toccati”.

Quest’attivista cerca di ampliare il proprio discorso osservando che le donne costrette a portare il velo rappresentano un grave problema, ma esistono anche tante altre donne che non possono avere accesso ad alcune prestazioni sanitarie o a metodi contraccettivi sicuri.

Riguardo gli stupri commessi dai miliziani di Hamas contro le donne israeliane dal 7 ottobre, questa ragazza non esprime una condanna netta e chiara, indicando piuttosto che esiste un grave problema di propaganda pro-Israele da affrontare:

“Noi siamo per la libertà dei popoli e, quindi, sinceramente siamo contro questo sistema sionista e siamo contro il pinskwashing che ha fatto Israele”.

La libertà personale viene messa in campo da un’attivista, che alla domanda sulle donne musulmane costrette dai mariti a portare il velo risponde che se non è una questione di violenza familiare allora portare il velo è esprimere la propria cultura:

“Io personalmente sono per uno stato laico. Penso che le questioni del velo siano questioni che riguardano cose di cui non sono informata. Però se una donna è religiosa e sceglie di portare il velo è giustissimo perché è come una questione di espressione, come io posso rasarmi i capelli o cose del genere. Se per loro è una questione di religione per dire “io scelgo, io credo” è come per le suore… Se è una violenza familiare è ovviamente sbagliata”.

Sui cartelloni della Lega imbrattati e coperti da immagini pro-Palestina nessuno risponde: l’inviato di TAG24 viene allontanato in malo modo

Come anticipato, uno dei momenti che hanno generato più discussioni è stato quando diversi manifestanti hanno imbrattato i manifesti della Lega contro il velo islamico, fatti affiggere dall’eurodeputata leghista Susanna Ceccardi. A molti non è piaciuto lo slogan “In Europa hai gli stessi diritti di tuo marito“, ma soprattutto che a scriverlo sia stato un partito come la Lega.

Anche la stessa Ceccardi si è detta dispiaciuta di quanto accaduto e a tal proposito nessuna delle persone intervistate dall’inviato di TAG24 Thomas Cardinali ha voluto rispondere. Al nostro inviato, ad un certo punto, è stato fatto segno di allontanarsi dal corteo, anche in malo modo.

Facendo parte di un governo di centrodestra, anche Fratelli d’Italia e la premier Giorgia Meloni vengono criticati per aver interrotto gli aiuti economici all’UNRWA e per la richiesta di un cessate il fuoco troppo blanda.

Un manifestante, stringendo fra le mani un cartello con su scritto “Meloni complice del genocidio“, dice a tal proposito:

“Noi molto semplicemente identifichiamo la nostra politica con una che vuole evidenziare la contraddizione che si frappone fra la politica di questo governo, di tutta l’Unione Europea e di tutto il blocco occidentale con quella che invece è la situazione nell’Oriente adesso: c’è una divisione fra delle donne di serie A e delle donne di Serie B, come se il nostro modello fosse in qualche modo migliore”.

Un quadro sfaccettato, insomma, quello che oggi si è visto a Roma. Ragazzi animati dall’interesse nel voler cambiare le cose e nel non voler essere considerati dalla nostra politica soggetti disinteressati alle questioni internazionali.

La questione del velo, anche quello integrale, coinvolge diverse problematiche che una società come quella italiana forse non riesce a seguire: la libertà religiosa, l’integrazione, il rispetto delle donne e la possibilità di emanciparsi

Trovare un equilibrio fra il coinvolgere ed il rispettare le diverse culture e la difesa dei diritti inalienabili di ogni individuo è una sfida che certamente non può essere risolta a colpi di slogan. Forse la risposta migliore è quella di una militante, che alla domanda sulle donne costrette al velo ha risposto:

Non sono palestinese quindi non posso sapere come stanno lì”.