Chi era Camilla Canepa, la giovane studentessa di Sestri Levante deceduta il 10 giugno 2021 a Genova, pochi giorni dopo che le era stata somministrata una dose di vaccino anti Covid durante un open day per gli over 18. Il suo decesso improvviso aveva sconvolto l’Italia intera e aveva fatto nascere, sin da subito, diversi dubbi. Era stata aperta un’inchiesta, in corso ancora oggi.

Chi era Camilla Canepa?

Camilla Canepa era una giovane ragazza di 18 anni che abitava a Sestri Levante. Era una studentessa. Giocava a pallavolo, sport che le piaceva molto. Aveva in programma diversi progetti per le vacanze estive per poi riniziare a settembre con il nuovo percorso universitario.

La giovane è deceduta per una trombosi al seno cavernoso il 10 giugno 2021. Era una persona solare, piena di interessi, di amici e di amiche. La sua scomparsa ha lasciato sotto shock non solo la famiglia e gli affetti di Camilla, ma anche l’intera comunità.

L’allora sindaca di Sestri Levante, la prima cittadina Valentina Ghio, aveva parlato della morte della ragazza come di un “lutto che mai la città avrebbe voluto vivere”.

Nel giorno in cui era stata data la notizia della sua morte, i messaggi di vicinanza e di affetto ai familiari di Camilla Canepa erano stati tantissimi. Erano arrivati non solo dalla comunità di Sestri Levante, ma anche da cittadini e da cittadine residenti in diverse parti d’Italia che non conoscevano personalmente la ragazza ma che erano rimasti sconvolti per quanto accaduto.

Si erano spezzati così i sogni di una giovane di 18 anni.

Come abbiamo detto all’inizio, al momento è ancora in corso un’indagine per fare chiarezza sulle circostanze della sua morte. Il decesso di Camilla poteva essere evitato? Se sì, in che modo?

Il vaccino e gli esami in ospedali

Per capire bene la vicenda dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Era il 25 maggio 2021 quando Camilla si era recata ad un open day dedicato ai giovani maggiori di 18 anni per la somministrazione del vaccino anti Covid del noto marchio farmaceutico Astrazeneca.

Qualche giorno dopo la ragazza si era sentita male. Era il 3 giugno successivo. Così si era recata presso il Pronto soccorso di Lavagna, località ligure di mare vicina a Sestri Levante. Qui le avevano riscontrato un abbassamento delle piastrine e una fotosensibilità.

I medici le avevano fatto una tac e poi avevano deciso di dimetterla.

Due giorni dopo, il 5 giugno, Camilla era ritornata allo stesso ospedale in condizioni ben più gravi. Presentava una trombosi al seno cavernoso, ovvero ad una vena presente nel cranio.

Gli esperti del settore l’avevano subito trasferita al Policlinico San Martino di Genova. Qui era stata sottoposta ad una delicata operazione alla testa. Il 10 giugno poi la studentessa di 18 anni era stata dichiarata morta.

Il suo cadavere era stato sottoposto ad una autopsia dalla quale era emerso che Camilla non avrebbe avuto alcuna patologia pregressa e non avrebbe preso nessun farmaco.

Nel verbale i medici avevano scritto che il decesso per trombosi era “ragionevolmente” da riferirsi ad un effetto avverso legato al siero anti Coronavirus.

Nei mesi successivi poi si era parlato di una presunta malattia della quale Camilla sarebbe stata affetta e per cui avrebbe preso alcuni medicinali.

La situazione oggi

Oggi, ad anni di distanza, sono stati iscritti nel registro degli indagati 5 medici nell’ambito dell’inchiesta per fare luce sulla morte di Camilla. A quattro di loro, che all’epoca lavoravano all’ospedale di Lavagna, sarebbe stato contestato il reato di omicidio colposo per non aver sottoposto la ragazza agli accertamenti necessari per la sindrome Vitt.

Si tratta di una sindrome legata proprio all’insorgenza di trombosi a seguito della somministrazione di un vaccino.

A tutti gli indagati sarebbe stato contestato anche il reato di falso ideologico. I dottori non avrebbero scritto nella documentazione sanitaria della paziente che qualche giorno prima aveva ricevuto una dose di vaccino anti Covid.

Secondo i genitori della ragazza, il personale era stato informato della somministrazione del siero sin dal primo accesso al Pronto soccorso.