Si chiamano Damiano Noschese e Barbara Vacchiano, i due coniugi originari di Pontecagnano Faiano accusati di aver ucciso insieme al figlio di 15 anni la 28enne milanese Marzia Capezzuti. Il gup Giovanna Pacifico ha accolto ieri, 7 marzo, la richiesta di rinvio a giudizio avanzata nei loro confronti dal pm Licia Vivaldi, titolare delle indagini sul caso della ragazza trovata morta in un casolare abbandonato del Salernitano a sette mesi dalla denuncia di scomparsa presentata dai suoi familiari.
Chi sono Damiano Noschese e Barbara Vacchiano, accusati dell’omicidio di Marzia Capezzuti
I fatti per i quali i due coniugi sono stati rinviati a giudizio insieme al figlio di 15 anni – finito a processo con rito abbreviato davanti al tribunale per i minori di Salerno lo scorso dicembre – risalgono a qualche anno fa. Stando alla ricostruzione dell’accusa, Damiano Noschese, Barbara Vacchiano e il minorenne avrebbero ridotto in schiavitù, torturato e poi ucciso la 28enne milanese Marzia Capezzuti, depradandola della sua pensione di invalidità dopo averla accolta in casa.
Affetta “da un disturbo della condotta in ritardo mentale di media gravità”, nel 2014 la donna era fuggita dalla casa-famiglia della periferia milanese di cui era ospite dall’età di 7 anni per raggiungere nel Salernitano un uomo che aveva conosciuto online e del quale si era innamorata: Alessandro Vacchiano.
Nel 2017, quando i due si erano lasciati, lei era rimasta a stare dalla sorella Barbara, allontanandosi definitivamente dai suoi familiari, che nel 2022, preoccupati di non avere più sue notizie ed essendo venuti a conoscenza della morte per overdose dell’ex fidanzato, avevano denunciato i membri della sua famiglia per maltrattamenti, ipotizzando che tenessero segregata la ragazza.
Era vero. Per almeno tre anni Marzia sarebbe stata maltrattata, costretta a dormire legata in una cantina, picchiata e addirittura marchiata a fuoco, per poi essere uccisa nel giorno del suo compleanno, l’8 marzo 2022. Il suo corpo è stato ritrovato a sette mesi dalla sua scomparsa, il 25 ottobre 2022, in un casolare abbandonato di Montecorvino Pugliano anche grazie ai ripetuti appelli lanciati dalla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”.
L’omicidio dopo tre anni di maltrattamenti e torture
Ad incastrare i tre sarebbe stato, in particolare, un video girato dalla sorella maggiore del 15enne imputato, Annamaria Vacchiano, che avrebbe anche assistito direttamente ad alcune delle torture inflitte alla ragazza dai suoi familiari, tra cui l’ingestione forzata di un mozzicone di sigaretta. Nel filmato, consegnato dalla donna ai carabinieri, si sentirebbe il minorenne dire:
Abbiamo finito. L’abbiamo portata a fare un giro. L’abbiamo tirata,
mentre mima uno strangolamento. Il suo avvocato difensore, Francesco Rocciola, ha chiesto di sottoporlo a una perizia psichiatrica per valutare se al momento dei fatti fosse capace di intendere e di volere. Anche se fosse giudicato totalmente capace, avendo richiesto il rito abbreviato avrebbe comunque diritto, in caso di condanna, a uno sconto di pena.
I suoi genitori rischiano, invece, il massimo, l’ergastolo: sono accusati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, occultamento di cadavere, maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona e indebito utilizzo di carte di credito.
Nel processo a loro carico, che si aprirà davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Salerno dal 18 aprile prossimo, si sono costituiti parte civile, oltre ai familiari della vittima, anche il comune di Pontecagnano Faiano, la Fondazione Polis della Regione Campania e le associazioni contro la violenza di genere “Spaziodonna” di Salerno e “Al posto tuo” di Torino. Prima di entrare nel vivo si attende la presentazione della lista dei testimoni di accusa e difesa.