È finito agli atti del processo per l’omicidio di Giulia Tramontano, che vede imputato il 31enne Alessandro Impagnatiello, anche un video del gender reveal organizzato dalla coppia a Senago per festeggiare la nascita di Thiago, il bambino che la 29enne portava in grembo da sette mesi quando, lo scorso 27 maggio, fu uccisa a coltellate e poi data alle fiamme dopo aver incontrato l’altra ragazza che il compagno frequentava.

Al processo sull’omicidio di Giulia Tramontano il video del gender reveal del nascituro Thiago

Nel filmato, mostrato ieri in aula e diffuso dalla trasmissione televisiva Mattino Cinque News, Alessandro Impagnatiello sembra felice: dopo aver scoperto il sesso di suo figlio abbraccia amici e parenti, dissimulando emozione e serenità.

Dagli accertamenti è emerso che in quei momenti, a marzo 2023, il suo piano per l’omicidio della compagna era già iniziato: da mesi, almeno da dicembre, avvelenava lei e il bambino che portava in grembo e che avrebbe voluto chiamare Thiago, somministrando loro topicidi, ammoniaca e cloroformio acquistati online sotto falso nome dopo aver cercato su Google quali effetti potessero avere sul feto.

Dettagli scioccanti, di cui si è tornati a parlare nel corso della terza udienza del processo che dallo scorso gennaio vede imputato il 31enne reo confesso per omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza.

Dopo i carabinieri che per primi si occuparono delle indagini sul caso, ieri sono salite sul banco dei testimoni alcune delle persone che erano più vicine al giovane: non solo l’amante, la ragazza italoinglese di 23 anni con cui l’uomo lavorava all’Armani Bamboo Bar di Milano e che frequentava all’insaputa di Giulia, ma anche la madre Sabrina Paulis e il fratello maggiore Omar, che erano molto legati alla 29enne.

La testimonianza della madre della vittima in aula

In aula ha preso la parola anche Loredana Femiano, la madre di Giulia Tramontano, che insieme al marito Franco e ai figli Chiara e Mario si è costituita parte civile nel processo.

Non dormiamo, non usciamo più. Io non ho più una vita. Ho perso una figlia e un nipote, ma anche i miei figli hanno perso una mamma. Io non sono più una mamma,

ha dichiarato, visibilmente provata, la donna, che come gli altri testimoni ascoltati dagli inquirenti, ha ripercorso i momenti che hanno preceduto e seguito l’omicidio della figlia incinta. Sembra che da diverso tempo, prima di morire, la giovane si lamentasse con lei “del bruciore di stomaco“, confidandole – come faceva con le amiche più intime – di provare dolori e fastidi forti e insoliti.

Erano i segni dell’avvelenamento orchestrato da Impagnatiello dopo aver appreso della sua gravidanza: l’ipotesi è che volesse procurarle un aborto perché vedeva nel nascituro un ostacolo alle sue ambizioni lavorative e relazionali. Il 27 maggio il gesto estremo, l’omicidio, seguito all’incontro che la 29enne aveva avuto con l’altra ragazza che lui da circa un anno frequentava (anch’essa rimasta incinta) e che aveva smontato il suo castello di bugie.

Giulia era stata riaccompagnata a casa dalla suocera, alla quale aveva confidato di voler lasciare Impagnatiello. Tra il salotto e la cucina dell’abitazione che condividevano, lui qualche ora dopo l’aveva colta di sorpresa e accoltellata alle spalle, provando a bruciarne il corpo nella vasca da bagno e nel box auto della palazzina.

Il giorno dopo, la denuncia di scomparsa, seguita dall’inizio di serrate ricerche, conclusesi nel peggiore dei modi, con la scoperta del cadavere della giovane dietro all’intercapedine di alcuni garage situati a poca distanza dalla scena del crimine dopo la confessione di Impagnatiello che, messo alle strette, aveva ammesso le sue responsabilità. Secondo i suoi avvocati “è molto provato“. Ieri nella gabbia piangeva e tremava mentre i suoi familiari parlavano di lui come di un “mostro”.