Compare da sempre nell’elenco degli eventi che hanno più segnato il nostro Paese: la strage di via Fani, come è stata rinominata la sparatoria che provocò la morte dei cinque uomini della scorta del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, è ancora oggi avvolta da ombre e misteri. Per raccontarla dobbiamo tornare alla mattina del 16 marzo del 1978.
La strage di via Fani a Roma
La ricostruzione della strage: il rapimento di Aldo Moro e l’uccisione dei cinque uomini della sua scorta
Succede tutto in pochi attimi. Alle 08.55 del 16 marzo 1978 il presidente della DC Aldo Moro esce dal portone dell’abitazione in cui vive insieme alla sua famiglia, in via del Forte Trionfale numero 89, e sale sulla Fiat 130 che lo aspetta nel cortile esterno con a bordo due carabinieri; dietro c’è l’Alfetta di scorta, con altri tre uomini.
Alle 10 è atteso a Montecitorio per il voto di fiducia al quarto governo Andreotti: il primo, dal 1947, con l’appoggio esterno del partito comunista. Poi ha appuntamento con gli studenti del suo corso di procedura penale all’Università La Sapienza per una sessione di laurea.
Sono le 09.28 quando l’Agi batte la seguente notizia:
L’on. Aldo Moro è stato rapito. La notizia è stata confermata all’Agenzia Italia dal ministro degli Interni. Il fatto sarebbe avvenuto una ventina di minuti fa nei pressi dell’abitazione dell’on. Moro. Il capo della Polizia Parlato e il ministro dell’Interno Cossiga si sono immediatamente recati sul posto.
Alle 09.30 al primo lancio ne segue un altro: “Dalle prime notizie risulta che i membri della scorta sarebbero stati uccisi”. Mezz’ora più tardi arriva la rivendicazione delle Brigate Rosse. Dopo aver lasciato via del Forte Trionfale le auto della scorta di Aldo Moro avevano imboccato via Fani, venendo bloccate all’incrocio con via Stresa da una 128 bianca guidata da Mario Moretti, capo delle BR.
Poco dopo dei terroristi erano spuntati dalle siepi situate davanti al bar Olivetti e avevano aperto il fuoco mentre altri bloccavano il traffico: Moro era stato fatto scendere e caricato su una Fiat 132 di colore blu arrivata sul posto per l’occasione. Gli uomini della sua scorta, Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino, erano stati trucidati.
I momenti immediatamente successivi alla strage: la fuga dei brigatisti
Dopo aver lasciato via Fani i brigatisti che avevano ricevuto in custodia l’onorevole Moro si erano diretti in piazza Madonna del Cenacolo, dove l’avevano fatto scendere dalla 132 coperto da un plaid e con gli occhiali e caricato su un furgone Fiat 850, obbligandolo a rannicchiarsi in una cassa traforata che nei pressi di via Newton era poi stata caricata su una familiare fino a via Montalcini, dove il politico avrebbe trascorso gli ultimi 55 giorni della sua vita prima di essere ritrovato morto nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, il 9 maggio successivo.
Dubbi e teorie sulla strage
A quasi 46 anni dai fatti sono ancora molti gli interrogativi che ruotano attorno alla strage. Ci si chiede come abbia fatto Moro a sopravvivere agli oltre 90 colpi sparati dai brigatisti in via Fani, perché non viaggiasse su un’auto blindata e perché gli uomini della sua scorta non indossassero dei giubbotti antiproiettile e non fossero muniti di armi lunghe ma di sole semplici pistole, pur sapendo di mettere a rischio ogni giorno la propria vita per accompagnare il politico.
Ci si chiede come sia avvenuto davvero l’agguato, quanti e quali brigatisti vi abbiano partecipato al di là di quelli condannati: Mario Moretti, Franco Bonisoli, Valerio Morucci (autore di un memoriale molto discusso sul caso), Raffaele Fiore, Prospero Gallinari, Bruno Seghetti, Alvaro Lojacono, Alessio Casimirri e Barbara Balzerani, che si è spenta all’età di 75 anni lo scorso 4 marzo.
Ci si chiede come mai i due trasbordi dell’ostaggio siano avvenuti in luoghi pubblici molto frequentati e cosa ci faceva un colonnello del Sismi in via Fani poco prima che Moro ci arrivasse insieme alla sua scorta e se nel caso non sia coinvolto anche qualcun altro. Ci si chiede che fine abbiano fatto tre delle cinque borse che l’onorevole aveva con sé quando, quella mattina, era uscito di casa, visto che i brigatisti ne avrebbero riconsegnate solo due e se sia possibile che abbia trascorso tutti i giorni di prigionia in via Montalcini e non sia stato mai spostato.
Conosco tutti quelli che hanno rapito, hanno custodito Moro […]. Loro (i brigatisti, ndr) si limitano a confermare le cose che sono accertate dalla giustizia. Non negano mai. Però non denunciano mai nessuno. Per esempio non hanno mai fatto il nome e mai lo faranno dei due famosi motociclisti che esaminarono la zona e poi fecero da staffetta,
disse in una famosa intervista rilasciata a Roberto Arditti de Il Tempo Francesco Cossiga, mettendo nero su bianco il sospetto – comune a molti – che sulla strage non sia mai stata fatta pienamente luce.
Ne parleranno Fabio Camillacci e Gabriele Raho nella prossima puntata di “Crimini e criminologia”, che andrà in onda su Cusano Italia Tv (canale 122 del digitale terrestre) domenica 10 marzo dalle ore 21.30. Ospite in studio anche Giovanni Ricci, figlio dell’autista di Aldo Moro Domenico Ricci, tra le vittime di via Fani.