Dottoressa Di Filippo, in prossimità della Giornata internazionale dei diritti delle donne, con altri femminicidi consumati negli ultimi giorni, ci chiediamo e le chiediamo, come mai, nonostante gli sforzi istituzionali e di chi, come lei, si occupa di prevenzione e contrasto della violenza di genere, tale piaga non accenni a decrementare?
Con tale interrogativo è stato introdotto il mio intervento nella trasmissione AAA stabilità cercasi, in onda su Radio Cusano Campus, condotta da Livia Ventimiglia e Simone Lijoi, cui è seguita la mia analisi:
É sempre più chiaro ed allarmante che il percorso verso l’emancipazione delle donne, pur se fragile ed incompleto, venga fatto loro pagare con la violenza di genere che prende tipicamente le seguenti forme:
- 1) Il maltrattamento psicologico, consistente in manipolazioni di tutti i tipi, ivi comprese quelle erosive della personalità, in aggressività verbale, nel controllo, nella svalutazione e nell’isolamento della partner finalizzati a ridurla in stato di sudditanza.
- 2) L’abuso fisico, soprattutto se la donna si ribella ai maltrattamenti, che può sconfinare nell’atto finale e tragico del femminicidio.
8 Marzo 2024, l’analisi della Psicoterapeuta Alexia Di Filippo
A far esplodere la violenza, concorre l’incredibile contrasto esistente tra i diritti che la donna ha conquistato dal dopoguerra e la considerazione di cui viene fatta oggetto: dati Istat infatti, indicano che quasi il 50 per cento della popolazione adulta nel nostro Paese, aderisce a stereotipi di genere di origine patriarcale, per cui la donna viene percepita ancora strettamente entro le due figure di nutrice, moglie e madre soggetta all’uomo per il mantenimento proprio e dei figli e l’oggetto del desiderio la cui ragione di esistere è la convalida ed il possesso maschile.
L’aspetto drammatico, concomitante a questa situazione, è che le ricerche, come quella appena uscita di Ipsos per Save the Children, mostrano come le stesse credenze, alla base della violenza di genere, sono state trasmesse alle nuove generazioni provocando altra violenza: basti pensare che più di un adolescente su due, il 52% precisamente, dei ragazzi del campione considerato, di età compresa tra i 14 ed i 18 anni, dichiara di aver subìto, almeno una volta, comportamenti violenti nella coppia.
I conduttori, a questo punto, mi hanno domandato se quanto stessi affermando avrebbe potuto spiegare, almeno in parte, casi drammatici che la cronaca continua a proporci come il presunto stupro della schermitrice minorenne uzbeka da parte di tre atleti della nostra federazione e la mia risposta non poteva che essere affermativa, purtroppo, sempre che le evidenze processuali confermino la dinamica dei fatti per come è stata denunciata.
Alla base di una violenza di questo tipo, infatti, vi è, non solo lo stereotipo della donna come oggetto del desiderio che in quanto tale può essere preso, usato, danneggiato e buttato via, ma anche gli stereotipi sulla violenza che sono stati rilevati nella ricerca Ipsos per Save the Children con percentuali desolanti: basti pensare che il 43% del campione (il 46% se si considerano soltanto i soggetti di sesso maschile) si ritiene molto o abbastanza d’accordo con l’opinione per cui una ragazza, se davvero vuole, può sottrarsi ad un rapporto sessuale non voluto, negando quindi, sostanzialmente, l’eventualità dello stupro, mentre il 29% si dichiara molto o abbastanza d’accordo sul fatto che una ragazza possa provocare la violenza con il modo di vestire e di comportarsi e ancora, il 21% si dice molto o abbastanza d’accordo con il fatto che una ragazza, anche sotto l’effetto di alcool o di sostanze stupefacenti, sia in grado di acconsentire o meno ad avere rapporti sessuali, non tenendo conto dello stato di minorata difesa se non di semi incoscienza in cui può versare la vittima, sovente tra l’altro causato da chi le usa violenza.
Si delinea dunque un quadro di convinzioni retrive, financo aberranti, in parte dei giovanissimi per cui la donna, se non è fidanzata, moglie o madre, è una preda da predare e su cui far ricadere la colpa di quanto subisce.
Livia Ventimiglia e Simone Lijoi hanno infine osservato quanto i dati presentati diano ragione dell’allarme, che da tanti anni rappresento nei media, relativo all’incremento della tossicità delle relazioni tra giovanissimi: a quale pericolo andiamo incontro, relativamente ai nostri ragazzi, mi hanno chiesto.
I rischi che corriamo a lungo e breve termine sono sostanzialmente due:
Il primo: crescere degli adulti violenti che intesseranno relazioni abusanti e che trasmetteranno, a loro volta ai loro figli, stereotipi di genere e schemi relazionali disfunzionali o tossici, tramandando così, la violenza di genere alle prossime generazioni.
Il secondo: non impedire l’ulteriore diminuzione dell’età delle vittime di violenza di genere, trend che si osserva da tempo, come mostrano le ricerche scientifiche, la cronaca e dati quali quelli di importanti Procure tra cui quella di Milano, da pochi giorni guidata dal Dr. Fabio Roia, magistrato che da anni ha prodotto report e lanciato l’allarme su questa precocità dei crimini determinati dalla violenza di genere.
Mi fa piacere citarlo perché ha il grande merito di aver ribaltato l’usuale narrazione colpevolizzante la donna per la violenza che subisce, sottolineando che ritrosie ed ambivalenze siano spesso il frutto delle manipolazioni dell’abusante, dell’inadeguatezza degli operatori che dovrebbero sostenere e favorire l’atto della denuncia e del noto processo di vittimizzazione secondaria.
Non solo, ma ha anche ribadito che non ci si debba limitare ad addestrare il genere femminile a difendersi ma occorra educare quello maschile a rispettare la donna nella sua volontà ed autonomia decisionale.
Sarebbe così importante che tale posizione divenisse preminente nell’Istituzione Giustizia così come nelle altre, in modo che si possa camminare dalle diverse prospettive professionali, tutti insieme e nella stessa direzione, per costruire ed inaugurare una nuova stagione di riconoscimento, rispetto, collaborazione e parità tra i sessi.
La Primavera delle donne, intanto, tarda ad arrivare.
Dr.ssa Alexia Di Filippo
Psicologa e Psicoterapeuta