Dopo il caso della bambina di 10 anni che a Pordenone è andata a scuola con il velo, che ha sollevato polemiche nel mondo politico e nella società, in Italia si continua a dibattere sui diritti, soprattutto in vista dell’8 marzo per la festa della donna.

Esponenti di diversi partiti, tra cui il leghista Marco Dreosto, hanno definito la vicenda inaccettabile e chiedono che nel nostro Paese si adottino le stesse previsioni della Francia in merito ai divieti di indossare il niqab e il burqua nei luoghi pubblici.

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, Tag24 ha deciso ancora una volta di parlare di diritti delle donne.

Per l’occasione abbiamo scelto di affrontare le tematiche legate alla condizione della figura femminile nell’Islam, con uno sguardo particolare a chi vive in Italia e ha difficoltà ad integrarsi nella comunità. La causa è da rifarsi a presunte normative in merito ai codici di abbigliamento imposti dalla religione – spoiler, nessun versetto del Corano impone l’uso del velo – e si trova a combattere per i diritti fondamentali, proprio come Souad Sbai, la giornalista e attivista di origine marocchina, dell’Acmid (Associazione delle Donne Marocchine in Italia) che Tag24 ha deciso di intervistare.

8 marzo festa della donna, Souad Sbai: “Il velo è un simbolo per impedire la partecipazione alla vita sociale ed economica”

D: La questione del velo in Italia continua ad essere al centro del dibattito, non solo nel mondo politico, ma all’interno di tutta la società. In una metropoli come Roma il multiculturalismo è un dato di realtà: un aspetto critico di questo risvolto è rappresentato dall’uso del niqab. In molti quartieri le donne indossano anche le mascherine (come quelle adottate per il Covid, ndr.) per coprirsi ulteriormente, creando un vero e proprio velo integrale. Cosa pensa di questo fenomeno?

R: E’ terribile perché usano tutti i mezzi per coprire il volto della donna. Adesso hanno trovato questo espediente. Lo creano appositamente, perché queste mascherine non si trovano in farmacia, sono realizzate apposta con il tessuto nero: coprono dal naso fino al collo. Questa trovata va denunciata assolutamente.

La donna indossa il velo lo sappiamo, ma una cosa che non tutti sanno è che questa previsione non esiste in nessun versetto del Corano. Sfido chiunque a dire il contrario. E’ un concetto che esiste nella mente del radicalizzato estremista islamico che vuole annientare la figura femminile. È un velo politico. Una trovata degli uomini che finanziano questo pensiero estremista, radicalizzato purtroppo in tutta la comunità. Non dimentichiamo che questa usanza ha trovato luogo in tutta Europa, perché laddove i fondamentalisti islamici hanno trovato democrazia, hanno approfittato della possibilità di imporre quest’uso.

E’ giunta l’ora, secondo me, che anche le donne diano vita ad una rivolta, dall’interno. Perché così restando, loro si ritrovano nascoste dietro quell’indumento che impedisce la partecipazione alla vita sociale, economica, rimanendo altrimenti recluse, perché se vogliono uscire, devono mettere in aggiunta questa maledetta mascherina.

Velo in Italia: le donne musulmane vogliono davvero integrarsi?

D: Nella Giornata Internazionale della Donna, il velo rappresenta un simbolo pericoloso, frutto di isolamento e discriminazione. Le donne musulmane che vivono in Italia, partendo proprio dall’abbigliamento ma non solo, riescono ad integrarsi nella società? Ne hanno davvero voglia?

R: Quel velo non ha nulla a che vedere con l’Islam, né il burqa, né il niqab, né il fulard. Non c’è scritto da nessuna parte che la donna debba coprirsi il volto o la testa. Nel Corano ci sono due versetti in cui c’è scritto di coprire “le parti belle”, con cui si intende il seno.

Si usava per coprire le parti belle, intendendo dal seno fino alle caviglie. Nessuna previsione riguardo al fatto di coprire la testa o nascondere il volto. Ho più volte trattato questa tematica, ne ho scritto molto, anche confrontandomi con diversi imam esperti di culto. Anche secondo loro – e non solo – basta andare su YouTub, i social, tutti dicono che l’hijab è uno strumento dell’estremismo radicale per portare avanti la sua battaglia politica sulla testa delle donne.

In merito alla Giornata Internazionale della Donna voglio denunciare una cosa: è il terzo anno che la CGIL indice uno sciopero generale proprio l’8 marzo. Personalmente la reputo una vergogna perché così si impedisce alle donne di partecipare alla manifestazione, perché non possono prendere l’autobus, venire agli incontri organizzati, non possono muoversi. È il terzo anno in cui si verifica questa concomitanza con lo sciopero generale: non è accettabile.

Per quanto riguarda l’integrazione, un aiuto deve venire anche dalla politica perché l’estremismo islamista radicale usa la stessa politica proprio sulla testa di quelle donne e bisogna combatterla con le medesime armi. Lo dice una donna araba, non una svedese. Vengo da quel mondo e lo dico con fermezza, non cadiamo in quell’errore dove il multiculturalismo si nasconde dietro al perbenismo dove tutto si può accettare.

Questo multiculturalismo va bene laddove si può parlare di musica, del mangiare, del lavoro, ma non dove distrugge la libertà della donna. Gli uomini devono capire che si trovano in un paese democratico, e che se non approvano questo modo di vivere, possono prendere il primo aereo e andarsene da questa nazione, perché il loro modo di pensare non è compatibile con la democrazia.

8 marzo, diritti delle donne e scuola: il caso di Pordenone. Sbai: “Non sappiamo chi si nasconde dietro il niqab. La politica deve intervenire”

D: In che modo vuole commentare l’episodio della bambina di dieci anni che a Pordenone è andata a scuola con il velo? Quali sono state le sue reazioni da donna araba?

R: E’ un fatto vergognoso. Prima l’hanno fatto con le donne, adesso ci testano e lo fanno con le bambine. Questo non succede neanche in un paese arabo-musulmano, che una bambina di dieci anni vada a scuola, con il niqab. Qualche anno fa, perfino l’Egitto ha vietato anche l’hijab in tutte le scuole. Figuriamoci qui stiamo ancora a parlare del niqab. E’ una cosa che la politica deve denunciare in maniera forte. Questo atteggiamento nasconde l’intento che le bambine o vanno vestite così o non frequentano più la scuola. E’ un ricatto. Anche il ministro dell’istruzione dovrebbe fare qualcosa, una circolare secondo cui nelle scuole non ci si presenta così.

La scuola deve uscire da questo contesto non religioso, estremista, radicale che impone una sua politica sulla testa prima delle donne, poi adesso dei bambini, e poi passerà alle maestre, e si estenderà alle polemiche per una gonna, un pantalone, i capelli sciolti. Questa è la loro avanzata. E lo dicono anche le attiviste, anche le donne arabe, lo dicono tutti i giorni. Bisogna che in questa parte dell’Occidente si inizi seriamente ad aprire gli occhi.

D: E’ d’accordo con la proposta del deputato della Lega, Marco De Rosto, che ha chiesto in Italia si adottino le stesse misure della Francia, vietando l’uso del velo integrale in ogni contesto?

R: Io stessa avevo fatto una proposta di legge nel 2011-2012 , era arrivata davanti all’allora Presidente delle Repubblica Ciampi, ma poi non è passata perché alcuni pensavano che fosse una normativa contro la libertà delle donne, contro la libertà religiosa…
Bisogna restare uniti su questo tema, deve essere promossa una legge di questo tipo, non importa da quale partito provenga l’iniziativa.

Per quanto riguarda il caso della bambina, io la toglierei a quella famiglia, assolutamente. Perché è una bambina che soffre, tutta coperta.
Vedere una bimba vestita così, come un fantasma non va bene. Non favorisce l’integrazione.
E che futuro ha quella bambina? Oggi la costringono ad indossare il velo, domani non esce più di casa. Ricordiamo che il 30% delle bambine ha abbandonato le scuole prima del Covid. Dove sono oggi queste bambini? Sono sparite? Sono andate spose agli uomini? Pedofilia pura.
E chi non è d’accordo, ripeto, prenda e cambi paese.

Il finto buonismo di una certa sinistra che portava il velo davanti al presidente iraniano fa solo tenerezza, per carità, per non dire altro. Perché non sanno come vivono quelle donne. Io so cosa vivono quelle donne.

Quando le donne vengono nella nostra associazione, la prima cosa che fanno è gettare quel velo. E lo decidono da sole. Perché oggi tocca a quella bambina, poi a tutte le donne. Gli uomini che impongono il velo sono delle bestie – con tutto il rispetto per gli animali, che amo molto (ci tiene a sottolineare, ndr.) – che non sanno nemmeno dove sta di casa il diritto delle donne.
Sono ancora pro schiavitù. Lo stato deve garantire il rispetto dei diritti umani per tutti: bambini, donne, uomini. L’Occidente deve aprire gli occhi e smetterla di nascondersi al finto perbenismo religioso. Basta. La politica deve collaborare.

Dietro a quel velo può nascondersi anche il terrorista peggiore, un jihadista e noi dobbiamo vederlo in faccia. Ho paura addirittura io di vedere una donna vestita così. Non lo so chi c’è dietro quel velo. E voglio avere la possibilità di vedere una bambina, le sue braccia, il suo viso, perché non so se magari è stata maltrattata o se nasconde segni di abusi. Dietro a quel velo, non sappiamo niente.