Tether ha superato quota 100 miliardi di dollari in termini di capitalizzazione di mercato. Lo ha fatto nella giornata di ieri, almeno stando ai dati di CoinGecko, aumentando il divario rispetto alla seconda stablecoin più importante, USD Coin, che è sua volta attestata a 71 miliardi di dollari.
Se altre fonti, ad esempio CoinMarketCap, forniscono dati leggermente diversi, la sostanza non cambia: Tether è cresciuta nell’ordine del 9% dall’inizio dell’anno. E promette di continuare questo trend positivo anche nel futuro, nonostante le tante critiche che attira ormai da anni.
Tether, il futuro si presenta roseo
Tether è una stablecoin, ovvero una criptovaluta che si propone di superare la tradizionale volatilità di Bitcoin e Altcoin. Per farlo stabilisce un ancoraggio paritario con il dollaro statunitense: per ogni dollaro virtuale che emette, ce n’è uno reale a garanzia, nelle sue riserve. O almeno ci dovrebbe essere, considerato che più volte, nel passato più o meno recente, tale garanzia era soltanto teorica.
Oltre al fatto che più di una volta Tether ha mancato al suo dovere di avere a riserva la stessa quantità di denaro digitale emesso, c’è un altro aspetto che preoccupa non poco gli osservatori. Ovvero la qualità degli asset reali messi a garanzia dall’azienda.
Tether, infatti, ha una tesoriera che è costituita per buona parte da buoni del tesoro statunitensi (T-Bills), in pratica prestiti a breve termine concessi al governo di Washington. Il rapporto sul quarto trimestre dell’anno appena terminato ha rivelato una disponibilità di T-Bills tale da superare gli 80 miliardi di dollari. Un dato tale da fare della società uno dei principali acquirenti di debito pubblico statunitense a livello globale.
Una promessa disattesa
Di fronte alle perplessità espresse da più parti, Tether alla fine del 2022 aveva fornito ampie rassicurazioni sulla sua intenzione di mutare rotta. In particolare, aveva promesso che entro la fine del 2023 avrebbe cessato la sua attività di prestatore condotta attingendo dalle proprie riserve.
Una promessa che, però, è stata ampiamente disattesa. Sono infatti 4,8 i miliardi di prestiti presenti nei libri contabili dell’azienda. In pratica, nel periodo in esame soltanto un miliardo di dollari in meno rispetto al livello del 2022.
Se anche i prestiti sarebbero del tutto garantiti, resta un livello di rischio che è quello tipico dell’attività creditizia. Rischio che va contro la premessa di stabilità che Tether si prefigge con la sua stablecoin. Inoltre, la promessa di azzerare il dato entro la fine dell’anno non sembra molto attendibile, alla luce di quella precedente.
Tether e i rapporti con Tron
C’è poi un altro dato che lascia molto perplessi gli osservatori. Circa la metà degli USDT attualmente in circolazione, infatti, sono depositati su Tron. Ovvero sulla blockchain che, almeno stando ad uno studio pubblicato dalle Nazioni Unite, costituisce la scelta privilegiata per il riciclaggio di denaro e le frodi informatiche che avvengono nel sud-est asiatico.
Di fronte a questa accusa, Tether ha risposto in maniera veemente. In particolare ha affermato che il rapporto ONU non ha menzionato la facile tracciabilità dei movimenti di USDT. Ricordando inoltre la continua collaborazione fornita alle forze dell’ordine dedite al contrasto nei confronti della criminalità informatica.
Lo studio delle Nazioni Unite rappresenta soltanto l’ultimo atto di un complicato rapporto con le istituzioni. Basti ricordare in tal senso quello che stato indicato come scandalo Bitfinex-Tether, scoppiato nel 2019, quando il procuratore generale dello Stato di New York, Laetitia James, decise di procedere contro l’azienda.
Mentre risale a due anni più tardi la multa emessa dalla Commodity Futures Trading Commission (CFTC) degli Stati Uniti, per 41 milioni di dollari. La motivazione alla base del provvedimento erano le false dichiarazioni dell’azienda sulla consistenza delle sue riserve garantite per legge. In particolare, nel periodo compreso tra il 1 giugno 2016 e il 25 febbraio 2019, gli USDT emessi da Tether non erano completamente coperti da dollari statunitensi.