Era il 3 agosto del 2011 quando, a Palma di Maiorca, in Spagna, morì la giovane Martina Rossi mentre era in vacanza assieme ad amici e amiche: la sua è una storia davvero particolare che, in questi anni, ha fatto molto discutere. In merito a questa triste vicenda sono stati condannati, in via definitiva, due ragazzi che oggi hanno circa 30 anni, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.
Chi è Martina Rossi: la storia della ragazza morta cadendo dal balcone a Palma di Maiorca
Martina Rossi è, o meglio era, una giovane studentessa di 21 anni che viveva a Genova assieme alla sua famiglia. Nell’estate del 2011 era in vacanza nella nota località spagnola quando, una sera, successe qualcosa di inaspettato e drammatico.
La ragazza cadde dal balcone del sesto piano dell’hotel Santa Ana di Palma di Maiorca, dove si trovava assieme ad un’amica. Quest’ultima si era allontanata con alcuni ragazzi e Martina era all’improvviso rimasta da sola con due giovani italiani, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.
Non si conoscono i dettagli di quei momenti e degli ultimi istanti di vita di Martina. In un primo momento la polizia spagnola aveva archiviato il suo caso trattandolo come un suicidio. Gli agenti e gli investigatori di Palma di Maiorca avevano affermato che la ragazza si era gettata dal balcone togliendosi la vita da sola.
In Italia però in pochissimi hanno creduto a questa versione. Secondo la tesi della pubblica accusa, la studentessa genovese di 21 anni, non si sarebbe suicidata. Martina anzi avrebbe capito che i due ragazzi avevano intenzione di violentarla e lei, terrorizzata, avrebbe provato a scappare.
Rossi avrebbe scavalcato il balcone della stanza al sesto piano dell’hotel per raggiungere la ringhiera di quello adiacente, in modo da sfuggire a Vanneschi e Albertoni. A questo punto però potrebbe essere scivolata e aver fatto il salto nel vuoto.
Martina Rossi non c’è l’ha fatta. Per lei il volo dal sesto piano è stato fatale. La ragazza è stata rinvenuta davanti alla Hall della struttura alberghiera agonizzante, praticamente in fin di vita, senza calzini e senza pantaloncini.
Proprio quest’ultimo particolare aveva, sin da subito, in particolar modo spinto gli investigatori italiani ad indagare e a mettere sotto la lente di ingrandimento i due ragazzi che si trovavano con lei quella sera.
La condanna di Vanneschi e Albertoni
Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi sono stati condannati in via definitiva nell’ottobre del 2021 per tentata violenza sessuale di gruppo nei confronti di Martina Rossi. La giustizia italiana ha riconosciuto la tesi della pubblica accusa, che aveva appunto classificato la morte della ragazza come un tentativo di sfuggire ai suoi aggressori.
Il reato di morte come conseguenza di altro reato è prescritto.
In questi giorni si sta tornando a parlare di tale caso in quanto il Tribunale di sorveglianza di Firenze, in due diverse udienze, ha concesso lo scarceramento e la pena dell’affidamento in prova ai servizi sociali per i due ritenuti colpevoli di tentato stupro nei confronti della giovane studentessa di Genova.
Entrambi stavano scontando la loro condanna in carcere, che avrà validità fino all’inizio del 2025. Potevano però uscire dalla prigione per lavorare e poi fare rientro subito dopo. I loro legali, di recente, hanno chiesto di mitigare la detenzione e così è stato.
Il Giudice di sorveglianza ha dato il via libera per Luca Vanneschi all’affidamento in prova luglio scorso. Per Alessandro Albertoni invece è arrivato qualche settimana fa la stessa misura. Nel primo caso i tempi sarebbero stati accelerati per questioni familiari.
La rabbia della famiglia Rossi
La decisione presa dal giudice sui due condannati per tentato stupro di gruppo contro Martina Rossi ha provocato la delusione e la rabbia della famiglia della vittima.
I genitori della ragazza, che hanno perso la figlia nell’estate del 2011 e ancora oggi fanno i conti con questo immenso dolore, hanno riferito che Albertoni e Vanneschi “non hanno mai chiesto scusa”.
Hanno commentato dicendo che il giudice ha sbagliato a concedere l’affido perché i due “non si sono mai pentiti”.