Al termine del match tra Lazio e Milan, il presidente Lotito è una furia: “Il sistema è inaffidabile! Bisogna ricorrere a istituzioni terze che pongano fine a situazioni incresciose. Ci sentiamo deturpati” – ha tuonato il patron biancoceleste. “Lotito non ha tutti i torti” – risponde Gavillucci a Tag24 – “Ma dovrebbe anche proporre una soluzione”. E allora riavvolgiamo il nastro e valutiamo, grazie all’aiuto di un ex arbitro professionista, tutto ciò che è accaduto. Di seguito l’intervista, in merito a Lazio-Milan e alla gestione arbitrale di Di Bello, realizzata da Tag24 a Claudio Gavillucci.

Lazio-Milan, la gestione di Di Bello: Gavillucci commenta a Tag24

Sono passate ormai ventiquattro ore dal match dello stadio Olimpico tra Lazio e Milan, ma non si arrestano le polemiche nei confronti della gestione arbitrale di Marco Di Bello. Al direttore di gara, che ora andrà incontro a un mese di stop, per una serata che i vertici dell’Aia hanno definito disastrosa, la situazione è completamente sfuggita di mano e, soprattutto nel secondo tempo, non è stato in grado di controllare la gara. Il risultato? Un calcio di rigore dubbio, non concesso alla Lazio, e tre espulsioni per i biancocelesti che hanno terminato la partita in 8 contro 11. Alla fine i rossoneri tornano a casa con tre punti, ma si discute più dell’arbitro che dei meriti o demeriti di una squadra piuttosto che dell’altra. Per fare chiarezza su Lazio-Milan e sulla gestione di Di Bello, l’ex arbitro Gavillucci è intervenuto in esclusiva a Tag24.

Partiamo dal primo episodio dubbio ovvero il calcio di rigore non concesso per il contatto tra Maignan e Castellanos. Decisione corretta?

“A mio avviso quello non è calcio di rigore e la decisione presa è corretta. Potrebbe trarre in inganno però, perché ci sono stati altri episodi simili, anche in questo campionato, che hanno decretato calcio di rigore. Qualcuno lo ha paragonato all’intervento di Sommer, ma io anche in quel caso avevo dichiarato che non era fallo perché se il portiere esce e prende prima il pallone poi non può fare altro. Il gioco del calcio prevede il contatto e non è per forza falloso. Nel caso dell’Inter, tra l’altro, l’arbitro non lo aveva concesso e quello non era un chiaro ed evidente errore tale da doverlo richiamare al Var”.

Questa è anche la spiegazione del perché ieri il Var non si è intervenuto?

“Per quello che mi riguarda, se Di Bello avesse concesso il calcio di rigore, io lo avrei richiamato al Var. Il calcio si sta snaturando, sta andando in una direzione opposta rispetto a quello che è lo spirito del gioco del pallone. Se il portiere esce e prende nettamente la palla, che cambia direzione, togliendola dal possesso dell’avversario, con campo scivoloso, poi come fa ad evitare il contatto? Stessa cosa nell’uscita alta, come è stata quella di Sommer, non pericolosa. Va valutata la tipologia di intervento del calciatore e questo fa subentrare dinamiche differenti. Se si mette a repentaglio l’incolumità fisica del calciatore è completamente diverso. Ieri invece, per decretare o meno un calcio di rigore, si sarebbe dovuta valutare la negligenza, che non c’è stata”.

Le tante polemiche dell’ultimo periodo però riguardano proprio la natura del calcio come gioco di contatto. Il problema sta in questa difformità di giudizio?

“Cerco sempre di vedere l’aspetto da migliorare perché gli errori non si potranno eliminare mai del tutto. Le decisioni le prendono gli uomini e non le macchine. Per ridurre gli errori però bisogna alzare l’asticella, soprattutto in area di rigore, altrimenti la variabilità dell’intervento sarà sempre maggiore. Quello che fa impazzire il tifoso e gli addetti ai lavori è ovviamente la mancanza di uniformità di giudizio”.

Lazio-Milan finisce con tre espulsi, sinonimo del fatto che Di Bello ha perso le redini del match?

“Mi sono trovato anch’io con partite con tre espulsi, dipende dal motivo. Può andare in confusione l’arbitro e la stessa cosa può farla una squadra frustrata dal risultato o dalla decisione arbitrali. Commento però l’episodio del doppio giallo che ha portato all’espulsione di Pellegrini. Chiaramente l’ammonizione è codificata, ma la gestione, ovvero il motivo per cui si è arrivati a quel cartellino, è criticabile. Di Bello avrebbe potuto fare molto meglio. In generale è chiaro che la partita perfetta per un arbitro è quella che termina senza cartellini. Noi non siamo contenti quando andiamo in campo e dobbiamo sanzionare i calciatori costantemente. Poi se in percentuale il motivo per cui si finisce una gara con più o meno ammoniti è per colpa dell’arbitro o dei calciatori, questo va valutato ogni volta”. 

Il fatto che l’Aia decida di fermarlo però è un’ammissione di colpa?

“Evidentemente la sua prestazione è stata giudicata non positiva. Penso che da questo punto di vista, negli ultimi anni, l’Aia sia stata sempre trasparente. Quando ci sono stati errori evidenti il designatore non lo ha mai nascosto”. 

Cosa ne pensa delle dichiarazioni del presidente Lotito?

“Lotito non ha tutti i torti e io sono d’accordo che l’Aia dovrebbe essere indipendente dalla Federazione, l’ho già detto in tempi non sospetti. Condivido per alcuni aspetti la sua opinione, ma dovrebbe anche trovare una soluzione. Se l’idea è quella di spostare l’aria dalla Federazione alla Lega, il problema non si risolve, anzi si peggiora. Ho sentito parlare di un organo terzo, ma quale potrebbe essere? Il Coni? Sport e Salute? Un’altra Federazione di arbitri indipendente? C’è sicuramente un problema e va affrontato in modo serio, non certo gridando ai giornali a fine partita, dopo aver perso in casa 1 a 0”.