Chi era Dale Pike, l’australiano trovato senza vita su una spiaggia a Miami nel febbraio del 1998? Per la morte dell’uomo, ucciso a colpi di pistola, i giudici degli Stati Uniti hanno ritenuto colpevole il manager italiano Chico Forti. L’imprenditore, rinchiuso in una prigione americana dal 2000, si è sempre detto innocente parlando di un “enorme errore giudiziario”. D’altronde i dubbi e i punti non chiari su questo omicidio non sono pochi.
Dale Pike, chi era?
Dale Pike era un uomo australiano, originario di Sydney. A proposito della sua vita privata e di quella lavorativa non sono mai trapelate molte informazioni. Sappiamo solo che era figlio di Tony Pike, fondatore del fortunato Pike Hotel di Ibiza.
Il locale era, ai tempi, era molto popolare e amato. Basti pensare che lo frequentavano celebrità del calibro di Freddie Mercury e Julio Iglesias. Era famoso per essere teatro di grandi, divertenti e memorabili feste.
Dale Pike è stato ucciso nel 1998. Il suo nome oggi è connesso a pagine di cronaca nera internazionali. Come abbiamo detto all’inizio, per l’omicidio dell’australiano, negli Stati Uniti è stato condannato alla pena dell’ergastolo l’italiano Chico Forti, Enrico all’anagrafe.
L’imprenditore, che dall’Italia si era trasferito negli Usa per tentare la fortuna, si è sempre dichiarato innocente. Il manager, ex velista, in breve tempo, sul territorio americano, era riuscito a costruire un impero e a guadagnare una certa notorietà nel settore.
Poi, è finito, suo malgrado, in questo caso di omicidio. Era il 15 febbraio del 1998 quando un bagnante di Virginia Key, a Miami, trovò strane presenze di sangue sulla spiaggia e chiamò le Forze dell’ordine.
Proprio lì si trovava il corpo ormai esanime dell’australiano. Per lui non c’era più niente da fare. Ormai era morto. Da successivi accertamenti e autopsie, gli esperti stabilirono che Pike fu ucciso con due colpi di pistola alla nuca esplosi da una pistola calibro 22.
Perché Pike è stato ucciso e qual è il ruolo di Chico Forti?
Il giorno precedente Dale Pike aveva lasciato Ibiza, in Spagna, per motivi lavorativi. L’australiano avrebbe dovuto negoziare con Forti l’acquisto del leggendario hotel sopra citato di proprietà del padre Tony.
La sera del 15 febbraio i due avevano cenato insieme, in un ristorante non lontano dal luogo in cui poi è stato ritrovato il cadavere della vittima. Il riconoscimento avvenne quasi subito perché, vicino a dove giaceva il corpo, si trovava una carta d’imbarco e il visto di ingresso che riportavano appunto il nome di Dale Pike.
Furono trovati inoltre un ciondolo del locale spagnolo e una carta telefonica dalla quale risulta che le ultime chiamate erano state proprio a Chico Forti. Secondo quanto ricostruito, era stato proprio l’imprenditore italiano ad andarlo a prendere all’aeroporto.
Poco dopo è iniziato il processo a carico di Forti che, come abbiamo visto, terminò con la sua condanna all’ergastolo. A spingere i giudici americani apprendere questa decisione furono alcuni specifici atteggiamenti dell’allora indagato.
Forti, ad esempio, negò di essersi recato all’aeroporto per prendere Pike, ma poi fu smentito dai tabulati. La Polizia perquisì la sua auto tre volte. Solamente l’ultima volta trovò un piccolo quantitativo di sabbia nell’attacco del rimorchio che, secondo un esperto, proveniva dalla spiaggia di Virginia Key.
Dall’altra parte non fu mai trovata l’arma del delitto né furono rinvenute tracce di Dna della vittima né di polvere da sparo sui vestiti di Forti. Non ci furono testimoni.
Alle autorità, il manager italiano raccontò di aver lasciato l’australiano davanti ad un parcheggio poco dopo averlo prelevato dall’aeroporto e di essersi allontanato da solo.
Nonostante ciò e alcune irregolarità che si sono verificate durante gli interrogatori di Forti, i giudici non gli credettero. Il manager fu giudicato colpevole “al di là di ogni ragionevole dubbio” dell’omicidio dell’australiano. Il movente, secondo il tribunale, era legato proprio alla compravendita del noto locale spagnolo.
L’imprenditore, la sua famiglia, la moglie Heather Crane, i figli, i suoi amici e colleghi hanno sempre creduto nella sua innocenza. Secondo molti, italiani e non, egli sarebbe stato vittima di un complotto. Secondo altri invece si tratterebbe di un lampante caso di errore giudiziario.