È una storia che secondo alcuni non ha ricevuto la giustizia che merita, quella di Enrico Forti, per tutti “Chico”: l’uomo, oggi 65enne, è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike, avvenuto nel 1998 in Florida, ma da sempre si proclama innocente. Ieri, primo marzo, la premier Giorgia Meloni ha annunciato da Washington che a breve tornerà in Italia.

La storia di Chico Forti: dalla condanna al ritorno in Italia

Sono felice di annunciare che dopo 24 anni di detenzione negli Stati Uniti, è appena stata firmata l’autorizzazione al trasferimento in Italia di Chico Forti,

ha dichiarato il Presidente del Consiglio, negli Usa per l’incontro con Joe Biden alla Casa Bianca. Si tratta di un risultato che in molti, prima di lei, hanno cercato di raggiungere: nel 2020 fu Luigi Di Maio, allora ministro degli Esteri, a promettere che ci sarebbe riuscito; l’anno successivo ci provò la Guardasigilli Anna Marta Cartabia.

Entrambi fallirono perché dal dipartimento di giustizia americano non arrivarono i documenti per un accordo Usa-Italia sulla commutazione della pena e del relativo trasferimento dell’uomo, che nel 2000 è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per un omicidio avvenuto in Florida nel 1998 e si è sempre proclamato innocente, dicendosi vittima di un “complotto”.

Per raccontare la sua storia dobbiamo fare un passo indietro. Nato a Trieste nel 1959, Chico Forti, all’anagrafe “Enrico”, ex velista, si trasferì in America dopo aver vinto il famoso quiz televisivo condotto da Mike Bongiorno Telemike. Era il 1992. Nel nuovo Paese si mise alle spalle il suo passato da atleta (complice un grave incidente automobilistico), dedicandosi ad attività di produzione tv, in cerca di fortuna.

Sposò la modella Heather Crane, con cui, nel giro di pochi anni, ebbe tre figli. La sua vita sembrava procedere a gonfie vele. Poi qualcosa arrivò a sconvolgerla. Un omicidio. Era il 15 luglio del 1997 quando, nella centralissima Ocean Drive di Miami Beach, sotto gli occhi di diversi testimoni, un 27enne di nome Andrew Cunanan sparò due colpi di pistola alla testa allo stilista italiano Gianni Versace e lo uccise.

L’omicidio di Dale Pike in Florida

Al delitto Versace ne seguì un altro: il 18 febbraio 1998, sette mesi dopo la morte dello stilista, fu freddato a colpi di pistola un certo Dale Pike, figlio del proprietario di un famoso hotel di Ibiza, il Pike, che sembra Forti volesse acquistare.

Interrogato, l’italiano negò di averlo incontrato (quando in realtà era stato lui a dargli appuntamento a Miami, per chiudere l’affare); poi raccontò di averlo lasciato davanti a un parcheggio dopo poco averlo prelevato dall’aeroporto e di essersi allontanato da solo. Il tutto in assenza di un avvocato.

Finì a processo e, nonostante le irregolarità nell’interrogatorio e la mancanza di tracce di Dna e di polvere da sparo ad incastrarlo, fu giudicato colpevole “al di là di ogni ragionevole dubbio” dell’omicidio Pike, venendo condannato all’ergastolo.

In molti pensano che qualcuno volle vendicarsi del fatto che nel documentario su Versace che aveva prodotto, “Il sorriso della Medusa”, aveva messo in dubbio la ricostruzione ufficiale, secondo cui il killer Andrew Cunanan si era suicidato.

Negli anni in Italia si è creata una vera e propria corrente “innocentista”, secondo cui Forti non sarebbe altro che vittima di un “complotto”. Più volte sono state lanciate petizioni per chiedere la revisione del processo a suo carico, senza successo. Ora, dopo 24 anni, la svolta del rientro in Italia, da sempre auspicato dalla sua famiglia.