Il maratoneta emiliano vinse la Maratona ai Giochi Olimpici di

Londra 1908: aiutato e sorretto da giudici e dottori, fu squalificato

Fu la sua fortuna: premiato dalla Regina Madre fu celebre in tutto il mondo

 

Dorando Pietri è stato il simbolo del coraggio e della tenacia, dello spirito di abnegazione e della grinta trasportati, in uno specifico episodio storico, nella Maratona. Quella di Londra ai Giochi Olimpici del 1908. Il suo fulgido esempio viene raccontato da tanti riferimenti, qualcuno anche cinematografico, perché vinse la gara sorretto dai giudici che lo avevano visto in enorme difficoltà, distrutto nel fisico e nei nervi da tanta fatica. Quella, epica, dei 42 chilometri e 195 metri della corsa più impegnativa, tra quelle celebrate sotto il sacro fuoco di Olimpia.

Dorando nasce a Mandrio, frazione di Correggio, il 16 ottobre del 1885 e la sua era una famiglia di contadini. Un nucleo che poi per il lavoro del papà, che apre un negozio di frutta e verdura nei pressi di Carpi, si trasferisce in blocco: Dorando ne beneficia sia sul piano dello studio che della pratica sportiva. Tanto che tra i libri di scuola e la sera passava ore intere a correre in bicicletta oppure a piedi, tanto per sfogare la giovane vena di sportivo. Anche perché l’altezza, 1 metro e 59 centimetri, non permetteva di misurarsi con la Pallacanestro o la Pallavolo.

Intanto si guadagna i primi soldini facendo il garzone in una pasticceria. Prima di cimentarsi e misurarsi con la Maratona, avrebbe vissuto per diverse stagioni sportive da mezzofondista. Come sarebbe capitato ai tanti rappresentanti del continente africano negli ultimi 40 anni, ma anche ai nostri Gelindo Bordin e Stefano Baldini, degni erede dello spirito agonistico del maratoneta emiliano.

Nel settembre 1904 si accende la fiamma della passione sportiva, nel giovane Dorando. A Carpi c’è una gara con protagonista il più noto corridore dell’epoca, Pericle Pagliani. Si racconta nei libri di storia che Pietri, incuriosito, ancora vestito da lavoro, si sia messo a correre di fianco a Pagliani, senza partecipare in via ufficiale alla gara. Risultato: arrivano insieme al traguardo. Gli addetti ai lavori propongono al giovanissimo atleta, diciannovenne, di partecipare ai 3000 metri di Bologna qualche giorno dopo. E Dorando sarebbe arrivato secondo.

La passione sportiva è sbocciata. Comincia a gareggiare e a vincere, sia in Italia che fuori, e a Parigi vince la 30 kilometri con un divario dal più vicino inseguitore di ben 6 minuti primi. Un abisso!

Il 2 aprile 1906 Pietri è 1° nella maratona di qualificazione per i Giochi Olimpici intermedi, ad Atene, dove 10 anni prima si erano celebrate le prime Olimpiadi dell’era moderna. Ma al chilometro 24 lascia la gara per problemi allo stomaco, quando era 1° con 5 minuti di vantaggio.

Nel 1907 è Campione d’Italia nei 5000 metri col primato nazionale ed è oro anche nei 20 chilometri. Non è più un astro nascente, ma una realtà brillante e ammirevole.

Il 7 luglio 1908 Dorando Pietri ottiene a Carpi nella maratona di 40 chilometri il lasciapassare per partecipare alle Olimpiadi di Londra, in una gara tutta da raccontare. Il 24 di quel mese di parte dal Castello di Windsor, gareggiano 56 atleti provenienti da tutto il mondo. Gli italiani sono due: Umberto Blasi e Dorando Pietri, numero 19, in una giornata afosa.

La gara vede tre inglesi primi a lungo fino al 25° chilometro, lui si posiziona nel gruppetto degli inseguitori consapevole che là davanti avrebbero ceduto, prima o poi.

Al 32° km. Dorando Pietri è secondo con 4 minuti di ritardo sul sudafricano Charles Hefferon, che entra in crisi e viene ripreso dall’italiano al 39° chilometri, a 3 e spiccioli dall’arrivo. Per la stanchezza l’italiano perde lucidità e sbaglia strada, corretto dai giudici: va per terra, lo aiutano a rialzarsi. Non ce la fa più. A 200 metri dal traguardo, dentro allo stadio, davanti a 75.000 spettatori, i giudici e i medici lo soccorrono. Il coraggioso maratoneta emiliano cade ancora, per quattro volte. Barcolla ma taglia il traguardo, sfinito, con l’aiuto di un dottore, tal Michael Bulger, e il giudice di gara Jack Andrew.

Crolla dopo l’arrivo, nonostante l’immenso vantaggio. Pensate che per fare gli ultimi 500 metri ci mise quasi 10 minuti! Dopo di lui arrivò l’atleta statunitense Johnny Hayes con la squadra americana che presentò reclamo: Pietri è squalificato e cancellato dall’ordine di arrivo. L’oro è vinto da Johnny Hayes ma il corridore italiano diventa, per la commozione dei presenti intervenuti, una storia degna di essere raccontata in tutto il mondo, al grido di “Famoso per non avere vinto”.

Le immagini televisive e le fotografie fecero il giro del mondo anche se non erano stati sviluppati canali di diffusione come quelli contemporanei. La Regina d’Inghilterra Alessandra lo premiò con una coppa d’argento dorato su indicazione del conosciutissimo scrittore inglese Arthur Conan Doyle, creatore del celebre investigatore Sherlock Holmes. Il noto letterato britannico era allo stadio in quanto giornalista incaricato da Lord Northcliffe di scrivere la cronaca della gara per il Daily Mail. La recensione terminava con queste profonde parole: “La grande impresa dell’italiano non potrà mai essere cancellata dagli archivi dello sport, qualunque possa essere la decisione dei giudici”.

Fece persino di più, il generoso scrittore Arthur Conan Doyle: donò 5 sterile aprendo a una sottoscrizione in favore di Dorando Pietri che gli permettesse di aprire una panetteria una volta tornato a Carpi. Centrando l’obiettivo. Vennero raccolte, in favore dello sfortunato ma stimato corridore italiano, ben 300 sterline, una signora cifra per quei tempi.

La fama di Dorando Pietri fece il giro, intero, del globo terrestre. Il compositore Irving Berlin gli dedicò una canzone intitolata Dorando. La mancata vittoria aprì altri scenari al nostro atleta. Che si prese la rivincita al Madison Square Garden di New York. No, nel Pugilato, che pure cominciava a raccogliere grandi masse, bensì su una pista di atletica da percorrere fino alla distanza della Maratona!

E’ il 25 novembre 1908 davanti a 20.000 spettatori tra i quali tantissimi italo-americani, con altri 10.000 di fuori, rimasti senza biglietto. I due, Pietri e Hayes, dovevano percorrere 262 giri della pista artificiale. Hanno corso insieme tutta la gara. Ma negli ultimi 500 metri il maratoneta italiano parte, imprendibile, e vince nel giubilo dei tanti connazionali presenti. Dopo questa gara Dorando passa ai Professionisti. Ribadendo la superiorità in una seconda sfida che sarebbe stata la “bella”; il 15 marzo 1909. Nelle altre 22 gare alle quali l’italiano di Mandrio di Correggio partecipò vinse ben 17 volte: le distanze mutavano alle 10 miglia alla Maratona. Era il più forte di tutti.

La penultima vittoria internazionale la ottenne a Buenos Aires il 24 maggio 1910 e in Italia chiuse il 3 settembre del 1911 a Parma, vincendo. Chiuse il percorso agonistico a Goteborg, Svezia, il 15 ottobre dello stesso anno, il giorno prima del 26° compleanno.

I soldi guadagnati li investì col fratello in un’attività turistico, un albergo. Ma non fu altrettanto fortunato. Nel 1923 l’hotel fallisce e apre un’autorimessa finendo la sua vita a Sanremo. Dove muore nel 1942 a 56 anni per un attacco di cuore. Pietri è sepolto nel cimitero di Valle Armea, nei pressi della Città dei Fiori e del Festival.

La coppa donata a Pietri dalla regina Alessandra è oggi custodita dalla «Società Ginnastica La Patria 1879» in una cassetta di sicurezza di una banca di Carpi nello stesso edificio del “Grand Hotel Dorando”. Sulla coppa una precisa dedica di Sua Maestà, ovviamente in inglese. La cui traduzione dice: “A Pietro Dorando in ricordo della maratona da Windsor allo stadio, 24 luglio 1908. Dalla Regina Alessandra”.

Molte, le citazioni letterarie, destinate al ricordo di Dorando Pietri. Nel 2012 la RAI gli dedica la miniserie televisiva “Il sogno del maratoneta”, con l’interpretazione di Luigi Lo Cascio.

Nel dicembre 2015 una targa dedicata a Dorando Pietri è stata collocata al Parco Olimpico del Foro Italico, sulla Walk of Fame dello sport italiano, la Passeggiata della Celebrità, che si sono distinti in campo internazionale.